Blog di IOnovecento

i sogni, i desideri e le immaginazioni

Burano, l'isola dove le case sorridono

Burano, l’isola dove le case sorridono 

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Pescatore, nella tempesta, prega,

spinto dal timore di un litigio furioso,

cielo e mare non dipingono la tua pace.

Non sa il mare quale amore,

quale fiducia e quante speranze riponi,

imbizzarrito reagisce con apparente fastidio.

Vecchio pescatore, la tua casa non dorme

immagini sacre si sovrappongono a canti di speranza,

le tue mura respirano sangue, amore e dolore.

Antiche dimore proteggono le fatiche dei tuoi cammini,

scrutano il vento per ascoltare istanti di libertà,

sorridono al tuo arrivo, vestendo di mille colori il tuo approdo.

Abbandoni i tuoi confini nell’acqua

circondato e solo

ti accolgono piccoli spazi per eterni affetti.

Osservi incredulo e sereno la bellezza dei tuoi vicoli

mentre i sorrisi dei muri invadono il tuo spirito,

una scintilla di serenità dipinge il tuo volto.

Murano è una piccola isola, un fazzoletto di terra profumata nel silenzio della magica atmosfera della laguna, dove vi invito a dormire una notte per gustare il romanticismo serale dei suoi scorci e le improvvise atmosfere, che silenziose sapranno donarvi infiniti versi da intrappolare nel vostro cuore; al mattino, appena svegli, avrete la percezione della forza donata da quei colori che sono sorrisi per l’anima. 

Non ci sarà molto da vedere ma tanto da gustare e depositare nel vostro scrigno dei ricordi. 

Burano è una delle isole della Laguna di Venezia, facilmente raggiungibile e meta turistica di rilievo. Si contrappone a Venezia per la sua tranquillità e nel saper donare uno scorcio della vita della Laguna autentico e familiare.  

L’artigianato del merletto tipico dell’isola, realizzato senza il tombolo ma con il cosiddetto “punto in aria”, gli conferisce anche il carattere dell’unicità e quel senso del tipico che arricchisce più di ogni altra cosa un luogo. Al merletto è anche legata una leggenda che potrà incuriosirvi; racconta di un pescatore molto fedele alla sua amata, che dopo aver resistito al canto delle sirene, ricevette proprio dalla regina di quest’ultime, molto colpita dalla sua fedeltà, un velo nuziale tessuto con la schiuma del mare, spingendo le donne dell’isola ammirate ad iniziare una vera competizione sul velo più bello. 

A dire il vero Burano rimane nell’immaginario anche per i colori delle sue case, utili per distinguere le diverse proprietà, ma in passato, e forse anche oggi, necessarie ai pescatori per scorgere, a distanza, in mare, le proprie case. 

Un’attrazione che vi consiglio, lasciando a voi di scoprirne le particolarità, è Il campanile che inizialmente è stato costruito secondo i canoni e la struttura della chiesa originaria, ma in seguito, in occasione di un ingrandimento, è stato allungato con calcoli della spinta non perfetti che ne hanno determinato una inclinazione. Una imperfezione, un errore, che nella cartolina dell’isola restituisce una curiosità.  

Stupitevi, quindi, cercando di immaginare la vita in questa isola della Laguna, partendo dai mille sorrisi che le case sapranno donarvi.

Quando si parla di Napoli raramente si cita e si racconta la bellezza della fortezza che ha l’aspetto di un castello medievale, situato sulla collina del Vomero, dove un tempo era edificata la chiesa dedicata a Sant’Erasmo.

Da Sant’Elmo le melodie di una città

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Dai tuoi vicoli, in alto, si ascolta una musica, 
il ritmo della vita suonato con il sangue 
che frenetico scorre nelle vene dei tuoi figli, 
e caldo tiene vivo il tuo spirito. 
Il tuo brulicare si perde nelle strade e negli istanti 
ma ogni verso e ogni pianto si alzano verso il cielo. 
Tra loro, nell’aria, i versi si scelgono, 
si uniscono al vento in melodia e con armonia, 
dal castello un soffio dissipa pensieri e storie del passato. 
Quello che sopravvive è lo sguardo accompagnato da un suono 
e il cuore colmo di chi osserva la tua infinita bellezza. 

Il Castello di Sant’Elmo è nato come luogo di difesa, costruito e modificato nei secoli per difendere la città dagli assedi e per favorire gli avvistamenti. Oggi, nei tempi in cui un’invasione pericolosa è quella che può colpire lo spirito e la propria libertà di espressione, è interessante riflettere sul ruolo che può avere per Napoli e per i suoi visitatori questo anomalo e affascinante luogo. 

Quando si parla di Napoli raramente si cita e si racconta la bellezza della fortezza che ha l’aspetto di un castello medievale, situato sulla collina del Vomero, dove un tempo era edificata la chiesa dedicata a Sant’Erasmo. 

Ebbe origine da una vecchia torre normanna chiamata Belforte e fu costruito tra il 1329 e il 1343 sotto il regno di Giovanna I d’Angiò, poi riedificato in seguito, sia nel 1537 da Don Pedro da Toledo che nel 1610, in seguito ad una esplosione, sotto la Direzione artistica di Domenico Fontana. Per molti anni è stato utilizzato come carcere, fino al 1976, quando è iniziato un importante restauro, con la conseguente apertura al pubblico nel 1988, nella veste di museo. 

La sua è una struttura tipica cinquecentesca molto imponente e costruita sul tufo in maniera molto funzionale, sul sito di una precedente torre normanna; il castello deve aver cambiato aspetto molte volte negli anni adattandosi a idee e considerazioni diverse da parte di governanti e architetti, ma sempre con lo scopo funzionale ed efficace di dotare Napoli di una struttura utile alla difesa della città.  

Vi consiglio di approfondire la ricerca sulla sua storia e degli aspetti tecnici architetturali, come la sua inconsueta forma, perché sarete aiutati a comprendere meglio il percorso storico. 

Oggi è il museo del “Novecento” anche forse in omaggio al secolo che lo ha visto rinascere con una funzione più adatta e centrale per la città. Per Napoli, che fa del suono lo strumento per accendere nei cuori felicità e carica emotiva, si presenta come luogo del silenzio, per una pausa necessaria a riordinare le proprie idee. 

Da Sant’Elmo potrete ammirare l’intera città, da Capodichino a Capodimonte, alla collina di Camaldoli, il Vesuvio, Posillipo, Nisida, Capo Miseno e la zona Flegrea. 

Vi consiglio di passeggiare nei luoghi del castello, di spostarvi da una parte all’altra, ammirando il panorama; il paesaggio vi sembrerà cambiare, in grado di aggiungere diversi particolari, come in una canzone che scorre con la sua melodia; sarà interessante ascoltare il silenzio irreale che viene da una città tanto rumorosa quanto in grado di trasformare qualsiasi suo logo in uno spazio infinito per l’animo del visitatore.  

Le strade di Brera

Le strade di Brera  

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Nelle vie, schiamazzi  

Squilli di giovani che sembrano persi tra spazi che si aprono  

Urla che escono da un recipiente colmo d’arte, 

Come fumi scaldati dal fuoco vivo della vita. 

I tuoi angoli eleganti con i cortili riservati accompagnano i passi 

Circondano ed abbelliscono una culla,  

Sovrastata e rappresentata dai mille gesti dell’uomo 

Dall’umile speranza di vivere la propria espressione. 

L’arte si confonde con la vita,  

si mischia nei luoghi, nei volti e nei quotidiani affanni 

Spruzzi di novità si poggiano sulle antiche dimore 

Che cambiano il volto osservando il bello. 

Come vetrine dell’odierno vivere, 

Le vie mostrano un volto che ha il sapore del retro 

Palazzi osservano il camminatore incuriosito 

Con la speranza di lasciare i propri messaggi della storia. 

Poche righe per trasferire al lettore l’atmosfera che hanno racchiuso in passato e comprendono oggi quelle poche strade di un angolo di Milano ricco di storia, arte e cultura. 

Uno spicchio di città che è possibile conoscere grazie ad un artista del nostro tempo come Dario Fo. Un figlio di Brera che ha visto il suo pensiero, il suo stile e il suo istinto nascere anche tra le vie di questo quartiere. Una sua citazione stimola tanti pensieri, sul contesto, sull’atmosfera vissuta, sulla voglia e il desiderio di esprimersi in libertà: 

Davvero, stavamo vivendo un momento irripetibile per la storia civile e culturale del nostro Paese. Non solo dentro le stanze dell’Accademia, ma anche fuori, nei bar e nelle trattorie di Brera, dove la sera ci si trovava a mangiare e a bere qualcosa, e soprattutto a discutere, a fare progetti… e pure a divertirci, questo è poco ma sicuro. Io, ad esempio, mi esibivo spesso – proprio al “Jamaica” – in imitazioni dei professori: così, eccomi nei panni di Carrà che, non riuscendo a dipingere un cane convincente, chiedeva alla moglie di fargli da modella per l’animale; o di De Chirico, che, preso dalla foga creativa, eseguiva a velocità supersonica innumerevoli varianti dello stesso tema, senza più capire, alla fine, quale tavola fosse l’originale e quali le copie; e così via. Talvolta i miei monologhi erano intervallati da Emilio Tadini, che cantava canzoni napoletane accompagnandosi con la chitarra.” 

Queste parole aiutano nella presentazione di un luogo come Milano, e di uno dei suoi quartieri più rappresentativi ed evocativi, autentico spazio dell’espressione, con uno sguardo sempre rivolto al mondo e all’uomo nel contesto universale. 

Il quartiere di Brera appare rilassante e poco caotico, da vivere anche come posto romantico della città. La sua area è definita da via Pontaccio, via Fatebenefratelli, via dei Giardini, via Monte di Pietà, via Ponte Vetero e via Mercato; all’interno di questo perimetro si trovano via Brera, via Fiori Chiari, via Fiori Oscuri, via San Carpoforo, via Madonnina, via del Carmine, via Ciovasso e via Ciovassino; è nato come un borgo popolare, con umili dimore e qualche casa di tolleranza, ma con il tempo si è trasformato grazie, soprattutto, all’arrivo della metropolitana, che ne ha determinato un utilizzo ed uno sfruttamento diverso, favorendo investimenti che hanno tuttavia conservato il carattere di un quartiere che oggi nel suo aspetto nobilita la sua storia. 

Tra le bellezze e le particolarità che si trovano in queste vie piene di ciottoli, tra botteghe, laboratori, caffè e negozi d’arte, tra palazzi e cortili milanesi, troverete Palazzo Brera, che con il suo fascino e la sua eleganza nasconde al suo interno alcuni gioielli, tra i quali la Pinacoteca di Brera, la Biblioteca Nazionale Braidense, l’Accademia di Belle Arti, l’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, oltre all‘Osservatorio e all’Orto Botanico. 

Arrivati a Palazzo Brera dovrete assolutamente dedicare qualche minuto al suo cortile interno, davvero meraviglioso nelle sue geometrie, maestoso e rilassante; sembra il posto ideale per avvolgere un visitatore curioso di storia, cultura e progresso, impreziosito da una scultura, il Napoleone I, di Antonio Canova.  

Nel vistare il quartiere dopo Palazzo Brera e le sue attrazioni, dedicatevi ad apprezzare le sue vie, con attenzione e spensieratezza; tra queste visitate Via dei Fiori Chiari, dove ogni terza domenica del mese è possibile perdersi tra le bancarelle di un mercatino che ha il sapore dell’autenticità e della curiosità verso il passato, e che deve il suo nome, probabilmente, ad un vecchio collegio femminile frequentato da fanciulle “pure” e che in qualche modo si contrappone a Via dei Fiori Scuri, invece luogo di bordelli e perdizione. Questi sono i contrasti che nella storia hanno contraddistinto questo quartiere ma che oggi, in qualche modo, lo impreziosiscono di elementi che incidono sul fascino del luogo. 

Tra le cose che potrete aggiungere al vostro camminare da erranti ascoltatori delle atmosfere, ci sono la Basilica di San Simpliciano, edificata nel IV secolo per volere di Sant’Ambrogio, la Chiesa di san Marco, con il suo antico organo suonato anche da Mozart, la Chiesa di Santa Maria del Carmine, con la statua di Sant’Espedito, il patrono delle cause urgenti e disperate, il Cristo senza braccia nella Chiesa di Santa Maria Incoronata e infine il vecchio Teatro Fossati, anche lui ricco di storia ed eventi. Molto interessante è anche il Museo del Risorgimento a Palazzo Moriggia. 

Un luogo utile per documentarvi al meglio sulle diverse attrazioni, per definire i giusti ritmi della vostra passeggiata, sono i giardini Perego che, somiglianti ai tipici giardini inglesi, rappresentano una piccola oasi di verde nel centro di Milano e completano, nell’aspetto, l’atmosfera rilassante intima e profonda di Brera. 

Non dimenticate, infine, di sostare qualche minuto nei pressi del Bar Jamaica, chiudendo gli occhi e cercando di immaginare le atmosfere che furono. 

Bari Vecchia, da oriente ad occidente 

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Come un naufrago giungi dal mare con il tuo carico di vita 

Osservi curioso la mia sapienza di pietra 

Il mio ingresso chiaro ai tuoi occhi ha profondità oscure 

Scruti la porta dello scrigno che, nel cuore, lascia un messaggio di protezione 

Avanzi e ti avvolgo con un mantello del profumo del mare 

Senti dominare un profondo senso di tranquilla solitudine 

Oscuri vicoli si aprono illuminati da fiori che sembrano sbocciare al tuo arrivo 

Profondi pensieri si celano dietro alle tue domande 

Come un libro mi mostro, come fedele custode del tempo 

Porta antica del mare, cantata dalla storia. 

Città vecchia nei pensieri e nei ricordi 

Protettrice della mia gente al procedere del nostro tempo 

Mi conservo autentica e mi chiamo vecchia 

Ti lascio in dono passate atmosfere 

Valori e pensieri di un tempo troveranno rifugio nel tuo cuore 

Profonda gentilezza creerà sorpresa e stupore 

Composto e armonico rumore ti sembrerà musica 

Profumi e atmosfere sembreranno scendere dall’alto 

Spazi gradevoli si mostreranno a te dopo misteri profondi 

Vecchia e autentica, il mio dono è la forza dello stupore che rimarrà in Te. 

Come un naufrago si può giungere dal mare ed osservare Bari Vecchia, monumentale ed elegante, come una macchia di pietra adagiata su di una penisola, come una città nella città, come il cuore in un corpo.  

Con questi versi, frutto dell’ispirazione di un breve viaggio a Bari e nel suo angolo chiamato “città vecchia” si immagina come l’animo di questo autentico borgo possa rivolgersi al viaggiatore, curioso di scoprire le bellezze che la rendono famosa e citata in Italia e nel mondo. 

Per visitarla, si può entrare dalla porta che conduce a Largo Papa Urbano II direttamente dal lungomare Imperatore Augusto, e percorrere una strada che ha il sapore dell’ingresso nella storia, per scorgere sul lato sinistro la chiesa di San Nicola. 

La Basilica in stile romanico-pugliese, la cui storia e cifra artistica è possibile approfondire in diversi modi, è un’importante meta di pellegrinaggio per la cristianità. Iniziare una passeggiata in un luogo che solitamente si raggiunge in seguito ad un cammino può essere un’opportunità, non solo per entrare nella storia e nell’intimo carattere della città e delle sue genti, ma anche per immergere il proprio stato d’animo in una dimensione profonda, intima, di ricerca e di ascolto. 

San Nicola è il santo, ispiratore di una visione ecumenica e di unione dei culti e dei popoli che collega l’oriente all’occidente, nel nome della carità, proprio impersonificata da questo vescovo di Myra, le cui reliquie furono traslate dalla Turchia da 62 marinai nell’anno 1087. 

Dopo aver iniziato un viaggio nell’arte e nella storia, partendo da oriente per fermarsi ad occidente, sarete pronti e carichi per esplorare il vostro cammino lungo vicoli ed incontri autentici che nella Bari Vecchia sono contraddistinti da un sorriso che appare da subito come porta dell’accoglienza. 

Vi consiglio di iniziare procurandovi una semplice mappa, non disdegnando l’idea di procedere casualmente, perdendosi tra i vicoli, con l’obiettivo di raggiungere un’altra attrazione a cui rendere omaggio, pensando magari ai quei 62 marinai che su quel suolo, trafugando le spoglie del Santo Nicola, volevano costruirsi una speranza. 

Attraversando vicoli e piazze, assaporando come la vita si svolge nei vicoli, potrete arrivare al Castello Normanno-Svevo risalente al 1133, simbolo della città e testimone del tempo e delle dominazioni con le sue tre torri di epoca normanna e il muro di epoca angioina; un complesso affascinante e pieno di testimonianze, tra le quali non mancheranno quelle di Federico II di Svevia, a cui si deve la costruzione del nucleo principale del castello. Oggi all’interno conserva delle aree museali e regala ai baresi e ai visitatori una vista davvero emozionante sul mare. 

La vostra passeggiata potrà proseguire lungo piazza dell’Odegitria per arrivare dopo pochi passi alla Cattedrale di San Sabino, vescovo del 500 d.c. originario di Canosa di Puglia. In stile romanico pugliese, nasce dalle spoglie dell’antica cattedrale che nel 1156 fu rasa al suolo da “Guglielmo detto “il malo”. Dopo averne ammirato il campanile, il pulpito, il ciborio e la cripta, vi consiglio di dedicare del tempo al sito archeologico che vive al di sotto della cattedrale. Farete una passeggiata nella storia attraversando quattro differenti epoche: romana, paleocristiana, medioevale e contemporanea, accompagnati da ambientazioni e spiegazioni scritte. 

Dopo aver sostato il giusto tempo in una Bari Vecchia e sotterranea, vi consiglio di andare alla ricerca del cuore pulsante della città, sotto il sole del sud e accompagnati magari dalla brezza marina e dal suo profumo. Il luogo che vi invito a cercare è Piazza Mercantile e i suoi palazzi, dove un tempo avevano vita i principali scambi commerciali e dove oggi si sosta e si gode di una bellissima atmosfera, risultato di una città che si vende ad un cittadino o ad un turista, come fosse un mercante. 

La sua forma irregolare e i suoi colori, con il palazzo del Sedile, la Fontana della Pigna e la Colonna della Giustizia, mostra un aspetto che ha il sapore della sorpresa soprattutto per chi giunge dai tanti vicoletti con il desiderio di osservare il mare. Quello che vi consiglio è di sostare nella piazza e programmare le ore da passare a Bari, individuando il miglior posto per assaggiare le prelibatezze della cucina pugliese; è impossibile salutare la città senza averne omaggiato i doni della tavola. 

La visita della Bari Vecchia potrà poi continuare visitando molti altri luoghi che magari sarete in grado di incontrare lungo un percorso casuale, tra questi vi consiglio il Fortino di Sant’Antonio, da cui ammirare il lungomare e il Teatro Margherita, che sembra poggiato sulle acque, Piazza Ferrarese, luogo di ritrovo dei giovani e porta per accedere alla muraglia che circonda Bari Vecchia, e infine la Via dell’Arco Basso, dove vi stupirà la popolare arte delle orecchiette fatte a mano, in una cornice simpatica e suggestiva. 

Dopo avere osservato vicoli, palazzi, chiese, testimonianze del tempo e di una storia sepolta, saranno molti i ricordi che vi rimarranno in mente e nel cuore, uno più di tutti è quello relativo al monumento immateriale, il gioello più bello del forziere, costruito dal tempo con gli antichi mattoni dell’accoglienza e del calore umano, che ricorderete ubicato tra piazza della storia all’incrocio tra via dell’autenticità e via del sorriso. 

La Partenope velata

La Partenope velata

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Dipinta la tua bellezza di cospetto al mare 
Genesi dei sensi più profondi 
Ti lasci immaginare quale il frutto misterioso della passione  
E così la tua presenza oscura chi ti contraddice  
 
Nella tua meraviglia si svela la conoscenza 
La poesia definisce il contorno del tuo corpo 
La musica svela i tuoi seni eleganti e immortali 
Il tempo ti veste e ti traveste da te stessa  
 
Apri il tuo corpo ad ogni emozione 
Chiunque può essere tuo figlio, se perso nei tuoi misteri 
Riempi la vita lasciando spazi vuoti in fondo all’anima 
Al calar della sera nelle tue fessure profonde cadono i semi di un dolce ricordo. 

È interessante raccontare le emozioni che può regalare una città se, con un velo, si nascondono con dei versi. 

Semplici pensieri ispirati da una sirena che, nella poesia, prende la forma di una città. 

Partenope era una sirena dal canto ammaliatore, che tutto poteva; il tentativo vano di sedurre Ulisse la portò alla disperazione. Decise di buttarsi giù dallo scoglio, il mare fece il resto e decise di portarne a riposare il corpo sull’isolotto di Megaride, nel golfo di Napoli, oggi identificato con Castel dell’Ovo. Qui il mito, intriso della storia, si è fuso con la poesia più romantica e ci ha regalato l’immagine di una sirena che morente prende la forma di una città, con la sua testa adagiata sulla collina di Capodimonte e la sua mitologica coda sulla collina di Posillipo. 

Dalla sua bellezza e soprattutto dai suoi intimi particolari è romantico pensare che la città abbia dato, nel tempo, definizione del suo carattere, delle sue forze e delle sue contraddizioni. 

Napoli è una città anche identificabile con un simbolo mitologico. Partenope ha rappresentato la vita e la fecondità, e per questo, il popolo gli ha dedicato in passato dei templi nell’acropoli di Sant’Aniello, luogo oggi identificato nei pressi del Museo archeologico nazionale.  

E così la scoperta della città può anche assumere la forma di una passeggiata alla ricerca delle sue, anche irrazionali, origini. Cercando di portare in vita la sirena, in realtà, potrete avere la sensazione di essere accompagnati da una favola. 

Così in palazzo San Giacomo, oggi sede dell’amministrazione comunale potrete trovare “Marianna capa ‘e Napule”, un volto scolpito di donna, storicamente attribuito a Partenope che nel ‘600 rappresentava la statua che vegliava sulla città e sulla sua immortalità, posizionata, austera e rassicurante, in Piazza Mercato, nel punto che oggi è il borgo degli orafi. 

Nella “Fontana delle zizze” o meglio “Fontana della Spinacorona”, troverete ancora Partenope, nella forma greca classica di metà donna e metà rapace, che spegne con l’acqua che fuoriesce dai suoi seni le fiamme del Vesuvio, ancora percepita come protettrice e salvifica per la città. Potrete visitarne una copia in via Giuseppina Guacci Nobile, addossata alla Chiesa di santa Caterina della Spina Corona, in quanto l’originale è conservata nel Museo Nazionale di san Martino. 

In piazza Sannazaro, osserverete poi, Partenope trionfante e piena di interessanti simbolismi per la città, eretta in un momento di rivincita e di trionfo ma anche di grande speranza, con le sue fattezze tipiche di metà donna e metà pesce. 

Partendo dalle antiche figurazioni greche attraverso la storia, le rappresentazioni arrivano fino ai nostri giorni con i murales dell’artista Francisco Bosoletti sulla salita San Raffaele, nel quartiere Materdei, e dell’artista Leticia Mandragora sulla facciata di un palazzo in Piazza Francesco Muzii, nel quartiere dell’Arenella; forme artistiche che si fondono con il mito e con le immagini stratificate nel tempo, in un contesto che tende al bello, con una proposta che vuole essere la sintesi della natura di un popolo e della sua memoria. 

Immaginare Napoli come generata da una figura mitologica forse potrebbe fornirvi risposte, suggestive e romantiche, a molte domande. 

Il cuore d'acciaio di Torino

Il cuore d’acciaio di Torino 

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Torino con la sua austerità testimonia il rigore che l’uomo sa darsi. Strade e palazzi trasudano una civiltà fatta di pensieri e di gesti. Ma il silenzioso fragore dei suoi vicoli racconta che la città è passione per il buon tempo, passato insieme, gustando nel cibo la più intima forma della vita. 

Torino è anche la città in cui prende forma un oggetto che ha contribuito al cambiamento dello stile di vita e il cui rombo, per motivi anche irrazionali, più che generare fastidio, stimola passione e forza. 

Quando si diffonde in Europa l’invenzione dell’automobile e si spinge ai confini del bel paese trova in Torino la porta d’Italia. Lo spirito pioneristico e sognatore e le disponibilità economiche della sua ricca borghesia, frutto di importanti possedimenti e risorse, vengono, con grande desiderio di conquista, dirottati su investimenti che faranno della città il centro produttivo per eccellenza dell’automobile italiana. 

I tanti anni di storia d’Italia e di questo fantastico ed affascinante mezzo, saranno la testimonianza della grandezza dell’opera che Torino ha svolto per il progresso. 

La storia del Paese, di Torino e degli italiani prende forma tra le vie di questa nobile città all’interno del MAUTO, il Museo dell’Automobile. Considerato dal Times tra i 50 musei più belli al mondo, lo spazio e il luogo dedicato all’automobile prende forma in un percorso romantico di sviluppo e progresso della civiltà, attraverso i 200 modelli presentati ed allestiti per raccontare il viaggio dell’uomo in angoli felici della sua crescita. 

Passeggiare all’interno del museo Vi consentirà di ammirare le 80 marche diverse di automobili messe in mostra, apprezzarne la bellezza, il garbo, la magnificenza e l’evoluzione. Sarà per Voi una passeggiata in un tempo che proprio grazie all’automobile sentirete vicino, come a dare certezza al fatto che questo grandioso mezzo non ha solo ristretto le distanze e quindi lo spazio, ma lo ha fatto anche con il tempo. 

L’automobile si è impreziosita dell’anima di Torino e nello stesso tempo la città si è arricchita di una forma che è divenuta arte, genio e generosità. Oggi Torino è l’automobile e per sempre, nell’immaginario italiano, lo sarà.  

Abbandonatevi, quindi, a qualche ora di bellezza che saprà mostrarvi il MAUTO, sarà un percorso fatto di scoperte, di conoscenza, di sguardo sulla storia, testimonianza dei vostri tanti tempi presenti con un dolce sguardo sul futuro. 

Abbandonatevi al bello magari tra le righe di questi versi dedicati all’automobile. 

Tra i tuoi palazzi, o nobile città della gloria 

Avanzano imperatori di acciaio 

Curiosi di catturare la tua eleganza 

Nuovi da impreziosire il tuo stile 

Giorno per giorno riempiono la tua anima 

Anno dopo anno mostrano al mondo il tuo cuore. 

Eleganti nel tempo delle profumate passeggiate 

Austeri e tenebrosi per nascondere le profane divinità 

Dall’ampio aspetto a voler conquistare il mondo 

Umili e capaci di donarsi strumento a qualsivoglia cuore 

Veloci e aggressivi nel donare l’istantaneo senso dell’onnipotenza 

Presenti nel passato, certezza del presente e oracoli del futuro. 

Un Natale sano e profano

A Napoli, un Natale sano e profano

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Nel tempo del Natale le città si travestono, accendono gli angoli più belli che a volta rimangono bui agli occhi del viaggiatore. Disegnano spazi che sembrano diversi, si truccano a festa per apparire.

Alcuni viandanti sono attratti da questi spazi illuminati, altri viaggiatori ne apprezzano il colore ma indirizzano il loro sguardo sugli aspetti intimi della città.

Passeggiare per Napoli a Natale è come farsi trasportare sul nastro del divertimento e della vivacità; si celebra la nascita di Dio fatto uomo; se osserviamo bene, la città nasconde, ma neanche troppo, molti volti del Risorto.

Ma quello che Napoli mostra al mondo, in questo spazio di storia, è anche la presenza di un testimone, che è nato e che vive nella quotidianità.

Un uomo profano, travolto dalle sue debolezze, divenuto testimone sano delle fragilità sia dell’essere ma anche della Società che giorno dopo giorno si cerca di costruire.

Un volto vincente di un mondo povero capace di mostrare la grandezza di rimanere tra gli ultimi.

Con il fischio finale si spengono gli animi

Le forze spese, come per magia, si raccolgono in trionfo

Tamburi di acciaio lasciano il passo a voci sovrapposte

Si spengono le luci e si accende l’attesa per un nuovo incontro

Tempo di speranza e di nuove magie

Spazio di una gioia che mai incontra la ragione.

I colori del trionfo invadono i vicoli

La memoria cancella il passato e diventa il presente

Procede in trionfo il popolo che si vede ultimo

Si mostra al mondo mentre guarda il cielo,

Voci sacre cantano

il dio profano del riscatto.

Il tempo della partita termina

Tra il passo lento del guerriero

Tra gli spazi stanchi della città

La sofferenza e il male invadono i tempi della vita

Portano via il sorriso,

Ma non uccidono la speranza.

Essa è velata nelle stanze del popolo

Nei racconti del trionfo che è stato

Nelle urla di gioia che contaminano il suolo

Accende luci sui dipinti del guerriero

Nasconde le ferite

Disegna su muri la vita del popolo.

La città celebra un Natale intimo e autentico

Nascosto nella vita di molti

Come il giorno in cui la speranza entra nei cuori

Decora una intima dimensione dello spirito

Colora e dipinge il suo quotidiano,

sacro, sano e profano.

Le sere di Napoli

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Il luogo di un viaggio può essere scelto in funzione delle atmosfere che regala durante la giornata e non solo per i luoghi ed eventi da visitare.

Se parli di Napoli, racconti del suo sole, della forza che, ogni mattina, forse da millenni, si manifesta in canti, grida, movimento, vivacità; un’energia che trascina e che ti fa sentire all’interno di un guscio, dove tutto è entropia.

Cosa succede quando quel sole, quello di ‘O sole mio, saluta la città dandogli appuntamento al giorno che verrà?

Verrebbe da pensare che la città della luce, dei quartieri in fermento lasci al passo ad una sera che è tempo di attesa.

Sicuramente l’uomo cercherà il suo ristoro nelle mura domestiche o negli spazi del quartiere, ma la città si trasforma; tutti i suoi caratteri più eccentrici, che durante la giornata hanno dato sfogo all’immaginazione, prendono forma e sbocciano in forme diverse togliendo quel velo trasparente della riservatezza, spinti dalla falsa consapevolezza che il buio alla fine nasconde le identità.

La sera di Napoli è il tempo in cui i suoni diventano musica, i rumori sono in grado di attirare le nostre paure, l’assenza di luce cela l’infinito del mare e del cielo e con le lampade mette in evidenza le crepe, le fessure di un corpo ferito che nella notte sembra che esali l’ultimo respiro.

Il cielo del giorno illumina il vicolo

Restituisce alla gente quanto il tempo toglie

Nei sorrisi e nelle urla si esprime la forza del sole

Calorosi sguardi ti accompagnano nel passaggio

Intimi profumi ti restituiscono la familiarità

Il tempo è breve ma il ricordo rimane per sempre.

La luce scompare

Il sole chiede congedo e promette il giorno

Le ombre dirigono il tuo sguardo

Sulle fessure del corpo

Sulle ferite che il tempo non guarisce

Come strappi alla bellezza.

La tua curiosità ferma il tempo

Avverti il senso di uno sguardo

La dolcezza di una voce

Guardi spazi illuminati dalle lampade

Cerchi invano il motivo del tuo osservare

Scopri il sangue che esce dalle fessure.

La sera di Napoli crea intimi spazi nei suoi vicoli ma è anche vero che allarga lo sguardo dell’uomo spinto da intimi pensieri.

Sono molti i luoghi che diventano “posto sicuro” per chi vuole osservare sé stesso con gli occhi fissi sul naturale scorrere della sera in una città. Ed ecco che un luogo vivo, rumoroso, eccentrico come Napoli si trasforma, se vogliamo, in un angolo dove dare sfogo ai propri pensieri, che emergono nella mente, semplicemente perché circondati da cose che piacciono e che fanno stare bene.

Solo attraverso i luoghi della vita semplice

Mentre la luce scende

Le case si accendono di vita

Fragore e rumore sembrano esprimere pace

Il passo vuole essere lento

Per ascoltare i battiti del cuore.

Mentre cammino sento accendersi la mia anima

Interrogativi e pensieri mi sovrastano

Accompagno in musica i miei discorsi

A passo lento il ritmo della vita entra in me

Cerco risposte, cerco la pace

E trovo i tempi e le melodie per accompagnare le mie domande.

Giungo al mare, la luce è assente

Le lampade disegnano un quadro temporaneo per la città

Mi convinco che l’immagine è mia

E negli spazi che la luce lascia all’immaginazione

Metto ordine ai miei pensieri,

Con il pennello della vita, piango e riprendo il cammino.

La sera di Napoli è il frastuono, il suono ritmato che la gioia, misurata durante il giorno, mette in mostra come forma di ringraziamento alla vita.

Musica, arte nelle strade fanno da cornice ai mille incontri in cui sembra da fare da sottofondo un vecchio disco del 1969, dove si racconta che: “la vita, amico mio, è l’arte dell’incontro”.

Mille voci trasmettono un solo messaggio

Si sovrappongono e spingono il mio ascolto

Verso forme sonore di condivisione

Di un tempo creato per celebrare il saluto del sole

In cui ascoltare il proprio corpo

In cui abbondonare le tensioni.

Si alternano spazi colorati ad ombre che racchiudono

Volti ed espressioni

Corpi dipinti in maschere del nostro tempo

Sguardi che sembrano persi ma sono intensi

comunicano con il proprio corpo

Esprimono il senso dell’inquietudine come la forza dell’amore.

Osservo e partecipo ad esplosioni di gioia

Nello stesso tempo come immobile

Accarezzo il mio essere vivo

Alimento il mio stupore

Avverto una ricchezza interiore

Che restituisco in mille sorrisi.

Le sere di Napoli vi invito a viverle in poesia, ascoltando e scrivendo i vostri versi sul quaderno dell’anima, definendo i confini del vostro percorso di vita.

Dai tetti di Torino si può vedere passeggiare un principe

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“Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere, rallentare più che accelerare. Significa dare valore al silenzio, al buio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza” (Franco Arminio).

Le parole del poeta Franco Arminio rappresentano uno stimolo per il nostro pensare quando esso è rivolto al senso della vita, al come dare forma alla nostra quotidianità; tuttavia, potrebbe essere interessante immaginarle rivolte al viaggiatore e al suo desiderio di conoscere, di entrare in contatto con una città e con gli intimi caratteri di un luogo, molto spesso, trascurati ed ignorati.

Volendo concretizzare il consiglio del poeta, è possibile rendere unica e particolare la visita e l’incontro con una qualsiasi città e sicuramente con una come Torino!

Si può definire nobile, austera, misteriosa, tanto sincera quanto capace di nascondere il suo lato più oscuro, distante dal popolo ed esaltata dalla gente; interessante e affascinante con i tetti delle sue abitazioni, così ordinati, lineari come a definire uno stile, intervallati da spazi di vita in cui l’operosità del suo popolo crea un quadro che stimola curiosità e genera mistero.

L’osservazione dall’alto consente di percepire l’intrigo delle sue vie mostrando dimore la cui bellezza si sussegue senza interruzioni, così da immaginarla come percorsa da un uomo che cerca la sua storia come un principe a cavallo che prende coscienza delle proprie ricchezze.

Un principe solitario che prima di addentrarsi nelle trame della città per essere trasportato dal suo fascino decida, magari, di scrutarla dall’alto, iniziando dal panorama che offre il Monte dei Cappuccini; una collina interna alla città, donata dal Duca Carlo Emanuele I ai frati cappuccini nel 1500 e che oggi è in possesso di una terrazza che dona ai più romantici una meravigliosa vista sulla città e sulle Alpi, a pochi passi da Piazza Vittorio e facilmente raggiungibile.

Se a Torino si parla di un punto di osservazione dall’alto non si può non prendere in considerazione lo sguardo sulla città dalla sua Mole, simbolo stesso di Torino. L’unico svantaggio del guardarla dalla Mole è il non poter osservare questa splendida Torre e il come sia integrata nella città e riesca, agli occhi di molti, ad apparirne come la protettrice, il centro che attrae a sé l’identità di una città e del suo popolo. Salendo dall’ascensore panoramico è possibile arrivare al “Tempietto” da cui osservare Torino da ogni scorcio, con il Po a segnarne il passaggio delle acque come sinonimo dello scorrere del tempo. Dall’alto la città appare ferma nel tempo ma è pura illusione.

Il panorama è anche molto interessante osservando la città dai 40 metri del campanile del Duomo in Piazza San Giovanni, costruito nel 1468 in stile rinascimentale e sempre spettatore delle metamorfosi, spesso gloriose, della città.

I tanti parchi e le dimore situate sulle colline circostanti, fino ad arrivare a Superga, consentono di catturare innumerevoli scorci che mutano in cartoline, che presentano luoghi e atmosfere che hanno bisogno di essere viste e scoperte attraverso le tante strade che le compongono.

E allora vi invito ad un viaggio lento e non focalizzato solamente sulle attrazioni più famose bensì su quelle che stimolano il vostro spirito da esploratori.

Torino è una città ricchissima di musei: dal più famoso Museo Egizio, luogo espositivo dai caratteri internazionali in cui tutto è mostrato e spiegato alla perfezione, dove il percorso della conoscenza si fonde con la progressiva crescita della curiosità; al moderno Museo dell’automobile dove la storia di un secolo, e anche più, è tangibile, facile da interpretare e capace di suscitare in chiunque curiosità e ammirazione; tuttavia l’elenco dei musei è davvero lungo ed eterogeneo e non dovrete fare altro che scegliere in funzione delle vostre curiosità.

Il Museo del cinema ha la grande fortuna di trovarsi nella meravigliosa e suggestiva cornice della Mole Antonelliana, al suo interno sarà interessante pensare alla vostra storia osservando la grande collezione di poster cinematografici presenti nel museo.

Nel Museo nazionale del Risorgimento percepirete l’amor patrio e il sentimento degli uomini e dei ragazzi di quel tempo percependo l’orgoglio e la fierezza.

L’Armeria e il Palazzo reale riempiranno la vostra conoscenza di contenuti relativi alla vita dei nobili e vi consentiranno di leggere ancor meglio i tempi che furono, definendo così una storia di cui siamo figli.

Passeggiando all’interno del Museo della radio e della televisione, spinti dalla leggerezza e dalla spensieratezza, riconoscerete aspetti spensierati della vostra quotidianità.

Il Museo di antropologia criminale Cesare Lombroso vi apparirà quanto di più curioso e surreale.

Il Museo della Sindone riuscirà a farvi attraversare la storia e il suo mistero, magari accompagnati dal soffio della fede.

Torino è poi una città ricca di palazzi, alcuni con un importante significato architettonico altri meno rilevanti, ma in ugual modo eleganti e protagonisti del paesaggio e dal suo susseguirsi di forme sempre in sintonia; nel vostro percorso vi fermerete spesso ad osservare, vi farete molte domande, figlie del vostro intimo interesse. Difficile sceglierne uno più di altro, l’elenco sarebbe riduttivo e toglierebbe significato al caso, Vi consiglio di lasciarvi andare alla curiosità che spingerà le vostre gambe in angoli più o meno noti, ma in grando di meravigliarvi.

Lo sguardo sui palazzi sarà quello che vi farà percepire la vostra visita come “la ricerca” dell’eleganza, con il giusto distacco con cui un principe osserva il mondo; vi sentirete immersi in una storia nobile, di un tempo che fu e che sembra comunque appartenervi.

Nella scoperta di angoli, palazzi, portoni non dimenticate che la città è piena di curiosità, posta al vertice del triangolo della magia nera insieme a Londra e San Francisco e al vertice della magia bianca con Praga e Lione, sono molti i caratteri che rimandano all’esoterismo e all’occulto, iniziando dalla pianta della città; starà a Voi scoprirli.

Utilizzando una guida potrete visitare la Torino sotterranea cercando le catacombe di alcune chiese, le cantine sotterranee e le regie ghiacciaie di Porta Palazzo, nonché la Galleria Reale, che percorsa dalle carrozze dei reali consentiva lo spostamento privo di sguardi indiscreti.

Una modalità assolutamente da non sottovalutare per comprendere la città è quello di respirarne l’atmosfera attraverso la passeggiata lungo i portici lunghi ben 18 km che, oggi, costituiscono un patrimonio architettonico, artistico e culturale con i suoi angoli intimi e accoglienti. Furono costruiti principalmente per consentire alla nobiltà di fare comode passeggiate sia con la pioggia che con il sole, a testimonianza di come questa città si proponga come un salotto, tanto comodo per chi la vive quanto accogliente per chi la visita.

Torino si trova anche in un ricchissimo territorio, pieno di risorse trasformate dalla tradizione e dalla sapienza in una ricchezza enogastronomica con una forte identità. Volendo esaltare con poche frasi questo aspetto della città potremmo dire che si presenta come una nobile tavola, elegante e fastosa sulla quale in ordine sparso troverete, come testimoni del territorio: la pasta ripiena, la saporita carne, le deliziose e sugose verdure sapidamente condite e dei vini che il mondo intero degusta con stupore; ed è su questa tavola che il nostro principe, dopo aver passeggiato tra le ricchezze della città può deliziare il suo palato e trasformare le sue fantastiche sensazioni in vera sazietà.

Quanto detto suggerisce che non esiste un tempo da dedicare a Torino, città da scoprire anche per i propri abitanti, proprio perché gli eventi della storia sedimentati dal passare dei giorni non fanno che far emergere, continuamente, il loro respiro più profondo. Due giorni, tre giorni, una settimana, è difficile consigliarvi; costruite la vostra vacanza con il tempo che volete e che avete a disposizione, consapevoli che è una città in cui tornerete.

E dopo questo punto di vista, Vi lascio immaginare il vostro viaggio sulla scia di un pensiero scritto, che viene dal cuore e che dedico a questo angolo di mondo:

Dai tetti di una città elegante,

Osservo la vita

Che scorre nelle vene,

Fatta di vicoli e incontri,

Che passa nelle stanze

Di austeri palazzi e desiderosi cuori,

Mi travesto da principe,

Desideroso di dominare lo spazio e il tempo

Che osservo brillare sulle facciate della città.

Scendo.

Guardo curioso il ritmo delle molte anime

e mi nascondo negli spazi coperti, dove cerco sguardi,

Vedo la storia che mi racconta la vita

Osservo le molte entrate nel quotidiano vivere,

Raccontano il passato e pongono i dubbi sul futuro,

Catturo il senso del presente,

E mi abbandono ai rumori, ai profumi e alle sensazioni della bocca.

Pieno di tutto, chiudo il mantello e lascio un fiore sulla città.

Come Ercole a Tropea

Come Ercole a Tropea

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Un borgo di mare può avere origine grazie a colui che, spinto dal desiderio della scoperta, si appresta a prendere il mare per meravigliarsi.

Può edificarsi anche grazie a chi approda in terre di conquista e le trasforma cercando, con stile e devozione, di trasferire il proprio concetto di bello e di potenza; e se quello che già esiste in quel fazzoletto di terra si unisce ad una grande cultura e civiltà il risultato può essere unico.

Una località e una città possono nascere anche in seguito ad una dominazione, come frutto del desiderio di celebrare la propria magnificenza o la magnificenza che fu, come monumento dell’avidità e della presunzione dell’uomo

Sicuramente è inusuale pensare che una città, un posto incantevole e magico, possa avere origine da un desiderio di riposo.

Sì, perché Tropea, a parte la storia vera, è possibile che sia stata fondata dal mitico Ercole per celebrare il proprio riposo, appena dopo le fatiche o forse di ritorno dalla ricerca del Vello d’oro, o dopo la battaglia in cui sconfisse i giganti, assegnando alla città un nome che in greco rimanda alla sua nutrice e quindi a Giunone, che con il suo latte lo rese forte e invincibile.

La scelta di Ercole ha riguardato quel costone di roccia che gli avrebbe garantito uno sguardo senza eguali protetto da un territorio che, per quanto aspro, sarebbe stato spigoloso per chi ne avesse voluto minacciare il riposo arrivando dalle spalle; inaugurò così uno spazio di mare e terra che deve esser piaciuto molto agli Dei, che lo elessero a propria area del riposo.

È piacevole pensare ad Ercole che, rigenerato dalle sue fatiche, celebri nel suo mondo le bellezze della costa e ne parli agli Dei, generando sensazioni divine che oggi possiamo vivere.

Allora quello che Vi propongo è un luogo del riposo, lungo la Costa degli Dei, come lo fu per Ercole, vivendo di quel mare e di quelle spiagge, ed esplorando quei sapori che la terra riuscì ad offrire ad un valoroso uomo sui propri lidi.

Quell’insediamento urbano, situato sul costone della roccia, è così armonico da essere una testimonianza che la capacità dell’uomo di creare il bello ha origini antichissime; i primi reperti dell’insediamento dell’uomo risalgono al neolitico, percorrono gli anni e si arricchiscono di dominazioni, ricchezze, miti e leggende.

Una storia che rimane dentro narra che, quand’ancora la popolazione era primitiva, sbarcò come naufrago un giovane mandato dagli Dei di nome Italo; il giovane insegnò alle popolazioni a cacciare, a pescare, a coltivare e a costruire attrezzi. La sua opera fu talmente apprezzata che, quando partì, gli abitanti decisero che quella zona si dovesse chiamare Italia in suo onore. 

La crescita di quel popolo è stata continua ed ha seguito i tempi e i ritmi della dominazione greca, romana, bizantina e normanna, angioina e aragonese.

I contributi sono riscontrabili nei reperti architettonici, forse nel carattere della gente e sicuramente nelle tante storie e leggende, come quella relativa al passaggio di San Francesco di Paola, al tesoro del mercante Michele Milizia o nella storia di Santa Domenica.

La località è ricca e piena di storia ma principalmente famosa e visitata per il suo mare; quindi, è sicuramente opportuno che rivolgiate principalmente la vostra attenzione verso questa risorsa della Calabria che a Tropea trova spazi di unicità e diventa raffinata ed eletta.

Potreste addirittura scandire il vostro soggiorno a Tropea con la vista di diverse sue spiagge, in modo da poterne valutare la bellezza e la capacità di influire sul vostro riposo.

Direttamente dal centro di Tropea, dai suoi vicoli costruiti sapientemente dall’uomo per creare la sua prossimità con il mare, potrete raggiungere delle spiagge comode e servite dove la prima cosa che colpisce è la limpidezza del mare e il suo colore; avrete voglia di osservarlo per ore fino ad avere una sensazione che chiamerete pace ma che sarà la prova che il vostro corpo starà riposando.

La spiaggia “a Linguata”, a sinistra di Isola Bella, è un lenzuolo di sabbia bianca dove vivrete il mare in assoluta tranquillità.

Se cercate una spiaggia piena di vita e socialità in cui incontrare il senso genuino del vivere il mare, ai piedi della rupe passate del tempo nella spiaggia della “Rotonda”, che vicino agli scogli diventa spiaggia del “Convento”, dove potrete girare gli occhi e fotografare cartoline da portare via come ricordo della bellezza.

Nella spiaggia del “Cannone” potrete trovare una maggiore tranquillità e quindi intimità pur non essendovi allontanati che di pochi passi.

E poi ai piedi dell’Isola Bella, tra gli speroni di roccia, il luogo da dove guardare l’orizzonte protetti dall’atmosfera che si crea quando il mare incontra la terra per chiedere accoglienza e donare leggerezza.

Oltre alla centralità del mare, Tropea è testimonianza, nei propri vicoli, palazzi e monumenti, dell’esigenza e capacità dell’uomo di creare angoli magici, oggi molto adatti alla pausa e allo svago.

Vi consiglio di passeggiare con leggerezza pronti a catturare la bellezza degli scorci che si apriranno alla vostra vista; Il più importante di tutti è quello del Belvedere in fondo a Corso Umberto, dove perdersi nello sguardo del vulcano Stromboli assaporando con calma una gustosa granita per poi scendere le scale per una appagante passeggiata sul lungomare.

Una emozione la proverete nell’osservare la monumentalità e i colori dello scoglio di santa Maria dell’Isola contornata dall’azzurro del mare, direttamente dalla balconata che troviamo in fondo a Corso Vittorio Emanuele, da percorrere con la calma del turista interessato ai tanti locali che si affacciano sulla strada ad impreziosirne la piacevole passeggiata.

Vi resta poi la visita dell’Isola Bella e del suo santuario, dove, a catturare la vostra attenzione, ancora una volta, saranno gli innumerevoli scorci verso il mare, magari visitando anche le molte specie mediterranee di piante che troverete nell’orto botanico.

Il monumento che passeggiando per Tropea meglio di tutti Vi comunicherà l’importanza della storia e del tempo è la cattedrale romanica del XII Secolo; un grande esempio di arte che si trasforma, davvero bella da osservare e fotografare in tutte le sue particolarità.

Parlando delle ricchezze di Tropea una deviazione sarà necessario farla per omaggiare una prelibatezza culinaria del posto: la cipolla rossa, tonda o lunga che sia, di una dolcezza unica e inconfondibile. É il dono di una terra ricca, aspra e generosa; uno strumento nelle mani dell’uomo per conciliare “l’Erculeo” riposo con i piaceri del palato. Abbandonatevi alle sue tante declinazioni e agli esperimenti che verranno proposti; rimarrete sorpresi e non delusi.

A Taormina, dal teatro alla verità in un itinerario stupendo

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Per raccontare Taormina attraverso una passeggiata si può iniziare dal luogo che, in genere, rappresenta la destinazione più emblematica e rappresentativa della città, l’Antico Teatro.

Lo possiamo definire greco o romano, ma chiamiamolo “Antico” a testimoniare una storia che taglia trasversalmente la natura dell’uomo.

Luogo dell’immaginazione, dove l’uomo proietta la propria esperienza, che può essere descritto con frasi e spunti del cuore innaffiati dagli impulsi della mente, che raccontano quell’uomo che da sempre, nella storia, ne ha compreso e toccato gli effetti sulla propria anima.

Per Peter Brook il teatro è una forma empatica che crea la possibilità di accrescere le percezioni dell’uomo.

Per Eduardo De Filippo, il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita.

Per Eugène Delacroix, il teatro è una delle testimonianze più certe del bisogno dell’uomo di provare in una sola volta più emozioni possibili.

Per Pino Caruso, il teatro è una forma di felicità interrotta dall’esistenza.

Per Pippo Delbono, il teatro è un atto d’amore, una relazione amorosa, è un atto di comunione, un rito sacro.

Per Giorgio Strehler, il teatro è la parabola del mondo.

Per Fabrizio Caramagna, il teatro è la verità illuminata dalla finzione

Per Gigi Proietti, nel teatro tutto è finto ma niente è falso.

Per Vittorio Gassmann, il teatro è una zona franca della vita, lì si è immortali.

Per Giorgio Albertazzi, il teatro è guardare vedendo.

Per un anonimo, da ringraziare, il teatro è la passione del pensiero nello spazio.

Sono tante le definizioni, i pensieri che riguardano il teatro e sicuramente vale la pena leggerne qualcuna oppure meditare e pensare alla grandezza di questa arte e al ruolo che ha avuto o potrebbe avere nella nostra vita.

Queste definizioni aprono la porta alla riflessione nel giorno d’oggi, ma dovevano farlo anche nel mondo antico; di questo si può essere certi, visto che l’uomo ha inteso celebrarlo con opere magnifiche, in spazi meravigliosi a comporre un’alchimia tra spazio, pensiero e azione.

L’Antico Teatro è il luogo della celebrazione dell’anima che si fa vita tra gli uomini, che dona vita ad un ambiente tanto importante quanto celebrativo, che oggi noi osserviamo nei resti ma che dobbiamo immaginare nel centro della città di Taormina, capace di creare le condizioni che permettono allo sguardo di comunicare alla mente sensazioni di stupore, di magnificenza, dove l’iniziativa umana trova la scintilla per aprirsi al mondo, dove l’ampiezza dell’orizzonte ti dona la forza per modificare e migliorare il tuo punto di vista.

Il luogo principale per l’espressione, il palco, si unisce allo spazio e diventa centrale per la capacità dell’anima di aprirsi al soffio del cuore.

Il Teatro antico di Taormina è stato edificato dai greci nel III secolo a.C. e ricostruito in età romana nel II secolo d.C., in un luogo da cui è evidente la maestosità dell’Etna, simbolo del fuoco e del mare con il golfo di Schisò, a ricordare a chiunque che la vita in questo angolo di Sicilia si confronta quotidianamente con quello che la natura prende e restituisce all’uomo.

Fu costruito in uno spazio in cui le rappresentazioni drammatiche e musicali potevano avvantaggiarsi di un contributo scenografico che oggi è cartolina per il mondo, con le gradinate scavate nella roccia a seguire il naturale declino della collina, si presenta al mondo come posto nel mezzo tra la terra e il cielo, tra quello che l’uomo riesce a rappresentare e quello che il pensiero ha in serbo di raccontare.

La conoscenza degli aspetti tecnici, artistici del teatro è possibile attraverso i tanti approfondimenti che si trovano sul posto e non solo e dipende dal desiderio di ognuno di conoscere questo o quell’aspetto; potrà interessare la struttura architettonica o la tecnica di rappresentazione e ognuno deciderà come meglio approfondire.

Quello che Vi suggerisco è di visitarlo come fosse la porta dello stupore, magari prevedendo la partecipazione ad uno degli spettacoli in programma.

Potrebbe rivelarsi un’esperienza unica e inaspettata, figlia della casualità, come ad immaginare che in un preciso momento della vostra vita, una casuale scena, frutto dell’immaginazione dell’artista, vi possa comunicare qualcosa di unico ed importante.

Dopo l’esperienza dell’Antico Teatro può iniziare la vostra degustazione dei luoghi, riflesso di un bello che dura, antico e ben conservato dalla sapienza e dalla profondità dei valori del popolo che lo abita.

Passeggiando in Corso Umberto,  da Porta Messina a Porta Catania, consapevoli di attraversare una via che c’era già nella storia, sarete contornati dalle bellezze e dalla ricchezza di questo territorio, che troveranno espressione nelle tante botteghe, negozi, testimonianze architettoniche di epoche diverse, nonché semplici dimore siciliane molto ben conservate, punti di ristoro, intervallati da scorci, piccoli vicoli che vi inviteranno alla scoperta e che vi spingeranno verso un ignoto che non sarà altro che stupore.

Vi sarà impossibile trascurare la ricchezza dei sapori che si faranno vetrina.

Sulle ricchezze della tavola, celebrata con il giusto tempo, Vi invito a documentarvi per scegliere al meglio cosa assaggiare e dove farlo.

Sarete sicuramente catturati dal gusto improvviso e irresistibile dei cannoli, della cassata, dei dolcetti di marzapane, e delle varie granite.

Se avrete desiderio di pace e ristoro del corpo Vi consiglio di passare del tempo all’interno della Villa Comunale, che definirei tranquillamente l’oasi di Taormina.

Un giardino all’inglese, pieno di piante, edifici molto particolari, una composizione di idee, di pensieri istantanei di colui che l’ha creato, probabilmente per soddisfare il proprio bisogno di esprimersi e per gratificare lo sguardo della mente ma che ha, forse inconsapevolmente, donato al mondo e al tempo un luogo molto gradevole.

Prima di passeggiare lungo Corso Umberto, a catturare la Vostra attenzione sarà l’imponenza e la capacità di raccontare la storia di Palazzo Corvaja, una villa nobile, vecchia sede del parlamento siciliano, in cui si concentrano le influenze e le dominazioni che hanno arricchito la città, dalle origini arabe alle testimonianze architettoniche catalane e normanne; vi consiglio di visitarlo.

La passeggiata in Corso Umberto scorrerà nell’assoluta piacevolezza e avrete la voglia di percorrerla più volte e in diversi orari della giornata, fino a ad arrivare alla sera dove diventa il luogo della spensieratezza, che in vacanza è il vero motore del vostro ristoro.

La passeggiata, da concludere a Porta Catania, si impreziosisce con la unicità della terrazza panoramica sul golfo e sull’Etna che troveremo in Piazza IX Aprile, dove il cielo, il mare e il fuoco si mostrano all’uomo in un angolo di mondo impreziosito con dimore, torri, luoghi del culto e tanta bellezza.

Dopo Piazza IX Aprile incontrerete Piazza Duomo e la cattedrale di Taormina che nella sua struttura medioevale ricorda una fortezza, cornice di uno spazio e in cui sostare per una visita e un ristoro. Il centro della piazza è impreziosito dalla fontana seicentesca, osservatela fino a scorgere la centaura incoronata che sorregge il mondo e che mostra lo scettro del comando, una immagine che testimonia l’importanza che ha avuto nella storia questa città, capace nel tempo di immagazzinare tanta di quella luce da avere, oggi, la forza di restituirla.

Arrivati a Porta Catania potrete considerare completata la vostra passeggiata e la visita a questo angolo di Sicilia; tuttavia, non avrete esaurito l’elenco delle bellezze che meritano di essere osservate in questa città. Se ne avrete voglia e tempo prendete nota in modo da arricchire il contenuto culturale e la cifra esplorativa della vostra visita.

Vi consiglio l’Odeon romano, piccolo teatro, le Naumachie, nicchie di epoca romana, poi Palazzo Ciampoli, residenza gotico-catalana e Palazzo Duchi di Santo Stefano, capolavoro di Arte Gotica, sede della “Fondazione Giuseppe Mazzullo” in cui ammirare le sculture dell’artista e infine la Chiesa Madonna Rocca, scavata nella roccia con di fronte uno scenario naturale difficile da commentare.  

Mi raccomando non dimenticate, come già detto, di cercare ristoro, con piccole pause ma soprattutto con le delizie siciliane che a Taormina hanno il gusto dell’autenticità.

Dietro la storia, i Quartieri Spagnoli

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Probabilmente don Pedro da Toledo non avrebbe mai immaginato che la sua decisione di dare vita ai Quartieri Spagnoli alla metà del XVI secolo avrebbe poi, molti anni dopo, dato origine ad uno dei quartieri più rappresentativi del cuore di Napoli; era sua intenzione dare una risposta sia all’importante incremento demografico che stava subendo in quegli anni la città di Napoli e sia alla esigenza di trovare una collocazione adeguata e strategica per i soldati spagnoli di stanza a Napoli.

Stanziati sulla salita verso Castel S. Elmo i soldati spagnoli si ubicarono in una zona comoda e strategica per la difesa della città e per controllare le rivolte interne dei napoletani nei confronti dell’occupazione, in un’area delimitata in basso dalla Via Toledo, che proprio in quegli anni ebbe origine.

Gli anni, le epoche storiche e le vicissitudini che hanno accompagnato la città hanno visto anche la trasformazione di questo luogo di dimora dei soldati che man mano è divenuto residenza di un popolo difficile e genuino, ma anche aristocratico.

Luogo delle difficoltà e della povertà, che tra gli angoli di una scacchiera di vicoli, palazzi, di case umili e alcove ha dato origine ad una cultura e ad un’arte, capaci di unirsi e di creare quella magia che è Napoli e la sua storia, che dietro a Via Toledo espone al mondo i Quartieri Spagnoli.

Luogo di criminalità, di prostituzione e di degrado e insieme un enorme serbatoio per la città, pieno di gioia e di festosità, di semplicità, di umanità e d’accoglienza, colmo di quella napoletanità in grado di oscurare e poi di colorare ciò che di brutto la città subisce.

I Quartieri Spagnoli ultimamente sono stati trasformati in una meta del turismo, presepe della Napoli autentica con i suoi vicoli, la vita vissuta immersa in un mare di panni stesi, di urla e sorrisi che annunciano gli scambi tra persone in una atmosfera quasi di canto, una vita autentica intervallata sempre di più da luoghi dell’accoglienza per chiunque abbia voglia di immergersi nel cuore di questa città.

Da visitare ci sono molte chiese e ognuna rappresenta la cultura religiosa di Napoli e di questa parte di popolo, nascondendo e palesando arte, prodigi e superstizioni, storie di una vita vissuta nell’apparenza ma anche in una intimità nobile e profonda, luoghi da visitare con uno spirito curioso alla ricerca di informazioni, spesso uniche e inaspettate.

Stesse sensazioni si possono percepire anche osservando e curiosando nei tanti palazzi storici di questo quartiere che si intervallano come fiori in un prato oltraggiato e lavorato con umili dimore, che assumono un aspetto dignitoso, che sta in piedi perché influenzato dal vento della nobiltà.

Per iniziare il vostro cammino Vi propongo, però, una passeggiata alla ricerca di una Napoli che si fa arte per il popolo, alla scoperta di alcuni murales che contribuiscono a modificare la percezione dei Quartieri Spagnoli.

Cercate sulla vostra mappa Via Emanuele De Deo, salendo su questo vicolo all’incrocio con Vie Tre Regine non solo avete la sensazione del contesto urbano, architettonico e sociale, scenario dell’animosità di Napoli e dei napoletani ma avrete anche il primo incontro con uno degli artisti che ha cantato, esaltato e soprattutto spiegato Napoli. La luce che ha lasciato Luciano De Crescenzo sui caratteri vitali di Napoli la potete trovare nel primo murales a lui dedicato all’incontro con Vico Tre Regine, salendo guardando a destra; “O pallone miez ‘e machine”, dipinto in cui il poeta guarda dei bambini che cercano di recuperare un pallone tra le auto, tempo dell’improvvisazione nel gioco.

Osservatelo pensando ad uno dei tanti pensieri che questo artista ha donato alla vita di tutti noi e che da Napoli ha trovato origine e che nei quartieri spagnoli diventa memoria ed esaltazione.

Il tempo è una emozione ed è una grandezza bidimensionale, nel senso che puoi viverlo in lunghezza o in larghezza. Se lo vivi in lunghezza, in modo monotono e sempre uguale, dopo 60 anni avrai 60 anni. Se invece lo vivi in larghezza, con alti e bassi, innamorandoti e magari facendo pure qualche sciocchezza, magari dopo 60 anni avrai solo 30 anni. Il problema è che gli uomini studiano come allungare la vita, quando invece dovrebbero studiare come allargarla. Vedi, esiste un tempo esterno e uno interno. Il tempo esterno è quello degli orologi, dei calendari, ed è uguale per tutti. Il tempo interno, invece, è un fatto personale nostro, come il colore degli occhi e dei capelli, ed è diverso da persona a persona. Ecco perché ci sono persone che hanno 60, 70 o 80 anni ed hanno l’impressione di averne 20. La verità è che non è un’impressione: ne hanno davvero 20”.

Proseguendo la passeggiata, tra i mille colori che si affacciano su Via Emanuele De Deo, senza pensare alla vitalità che si scorcia osservando le sue traverse arriverete in quello che apparirà come il santuario di Maradona, dominato da un evocativo murales, realizzato nel 1990 da Mario Filardi, come rappresentazione del cuore della città in omaggio a chi più di tutti ha rappresentato il riscatto, la forza, l’orgoglio di un popolo e restaurato qualche anno addietro da Salvatore Iodice, sulla spinta dell’emotività e della voglia di far emergere un sentimento ancora vivo in questa città. Vi chiederete com’è possibile che la forza del calcio abbia dato vita ad un santuario della memoria e della gratitudine; la risposta, magari parlando con qualche napoletano, la troverete sicuramente nella enorme forza del riscatto napoletano ma soprattutto cercando di capire come Maradona ha interpretato il suo ruolo a Napoli, con la forza della gratuità e con la capacità di far diventare il calcio un dono al cuore dei napoletani, la sua immagine un tutt’uno con la città. Un murales, un luogo simbolo dell’amore viscerale di Napoli per il suo eroe e di Maradona per il riscatto degli ultimi che a Napoli avevano il volto di chi non riusciva ad esternare la ricchezza del proprio cuore.

Nello stesso luogo in cui si trova il murales di Maradona, quasi a volerne svelare il messaggio poetico si contrappone un altro murales dell’artista argentino Francisco Bosoletti “L’impudicizia velata”, opera tanto distante dalla precedente quanto legata dalla capacità di entrambe di svelare la sapienza, la prima con la vita del popolo stando vicino ai valori che tramanda, la seconda dalla sapienza che viene dalla mente ma che non si accende se non attraverso il cuore.

Alla fine di Via Emanuele De Deo, affacciandosi a Vicolo Concordia il murales di nuovo si fa Napoli e cultura popolare con dei dipinti dedicati agli artisti che da Napoli hanno ricevuto la scintilla della loro immaginazione e poetica, vedrete Pino Daniele, Massimo Troisi e allora perché non soffermarsi su questi versi di entrambi questi artisti

O’ ssaje come fa ‘o core

Tu stive ‘nzieme a n’ato e je te guardaje
Primma ‘e da’ ‘o tiempo all’uocchie è s’annammura’
Già s’era fatt’ annanze ‘o core a me, a me
‘O ssaje comme fa ‘o core a me, a me
Quand’ s’è annamurato

Tu stive ‘nzieme a me, je te guardavo
Comm’è succiesso, ammore, ca è fernuto
Ma je nun m’arrenn’ ce voglio pruva’, je no, je no
‘O ssaje comme fa ‘o core, je no, je no
Quann s’è sbagliato

Eh, o sai comme fa o core quann s’è sbagliat, no?
Quann s’è sbagliato

Ma je nun m’arrenn’ ce voglio pruva’, je no, je no
‘O ssaje comme fa ‘o core, je no, je no
Quann s’è sbagliato
Quann s’è sbagliato”

Da Vico Concordia, il tempo solo di girarsi e di guardarsi intorno che avrete modo di entrare in Vico Totò, quello che il nuovo nome di Va Portacarrese, espressione a cielo aperto dell’arte di strada per dare omaggio a Nino Taranto e Peppino De Filippo e al grande Totò, passeggiando osserverete nel vicolo i disegni a loro dedicati; vi metteranno di buonumore e vi provocheranno una nostalgia che leggendo uno dei famosi aforismi del Principe della risata, che vi riporto, trasformerà il vostro sguardo fino a divenire dolce.

“Questo cuore analfabeta, tu l’hai portato a scuola, e ha imparato a scrivere, e ha imparato a leggere, soltanto una parola: ‘Amore’ e niente più.”

Terminata questa breve passeggiata lungo i murales di Via Emanuele De Deo, ci sarebbero da visitare Chiese e luoghi che hanno fatto la storia di Napoli e dei suoi segreti e misteri, vi cito Santa Maria della Mercede a Montecalvario, Sant’Anna di Palazzo, Santa Maria Francesca delle cinque piaghe di Gesù Cristo, dove si venera la Santa e dove c’è la famosa sedia della Fertilità;potrete cercarne l’ubicazione e documentarvi, concederete così del tempo all’arte che è ricchezza per lo spirito.

Se invece ne avrete voglia, tra le tante scoperte che ogni angolo di questo quartiere nasconde, inserite il tempo della casualità, camminando senza meta, certamente osservando, lasciando libera la vostra porta dello stupore ma con quella improvvisazione che vi renderà protagonista del vostro cammino e allora chiedete, fermatevi a parlare, fatevi raccontare, perché questo è quello che vi succederà, la gente vi racconterà Napoli, quello che sono stati i quartieri, quali sono i problemi e, forse, le soluzioni, ma fateci caso, il racconto sarà accompagnato dal sorriso e  dall’occhio acceso di chi la vita la vuole vivere con coraggio, speranza e sempre con gioia. Un incontro come quello che potrete fare in Vico Lungo del Gelso affacciandovi al “vascio” di Nunziatina o fermandovi per qualche minuto a salutare Tarantina. Il senso di napoletanità che respirerete e la storia che attraverserà i vostri pensieri sono difficile da spiegare, e quindi è più opportuno lasciare qualche pensiero al vento della casualità che spendere parole inutili.

L’ultimo suggerimento, per chi ne avrà voglia, è l’esperienza della “Pedamentina”, le 400 scale che congiungono i Quartieri spagnoli al Vomero, il panorama che avrete di fronte è di difficile descrizione perché non riguarda solo gli occhi ma invade il cuore.

Da Cervia a Comacchio, la profondità del gusto

Si può viaggiare portando con sé un buon libro, accompagnati da un amico, innamorati con un compagno o una compagna, portandosi dietro molti pensieri da elaborare, da scegliere, da scartare e da mettere in ordine, ma anche con l’idea di gustare del buon cibo che renda speciale il viaggio o semplicemente dia sollievo al corpo.

In questo itinerario c’è in realtà bisogno di tutto questo o quasi; è, pertanto, necessario scegliere un buon libro a cui dedicare il tempo della pausa, della riflessione, della solitudine, possibilmente una bella storia italiana, di passione, che sia positiva e che aiuti ad incarnare in noi stessi una dimensione di ottimismo che renderà questo viaggio pieno di entusiasmo; poi è da fare in compagnia, con l’ingrediente comune della curiosità e della voglia di stupirsi, a partire dalle piccole cose, in modo che tutto diventi grande e importante agli occhi e al cuore; poi ci devono essere i pensieri che sempre accompagnano la vita delle persone; a questo punto è necessario aggiungere la voglia di gustare del buon cibo, facile in Italia come in Romagna.

Una buona idea può essere quella di sceglierne uno ed assaggiarlo lungo il percorso, come un appuntamento con il gusto. Un alimento che sicuramente rappresenta la Romagna è “la Piadina”, il cibo della gente, che un po’ rappresenta la storia e l’autenticità di questa terra; è orgoglio e sapienza, è pane e divertimento, è il lavoro e il tempo libero, talmente nei cuori da diventare ispirazione per un grande poeta romagnolo come Giovanni Pascoli.

“………Ma tu, Maria, con le tuie mani blande domi la pasta e poi l’allarghi e spiani;
ed è liscia come un foglio, e grande come la luna;
e sulle aperte mani tu me l’arrechi,
e me l’adagi molle sul testo caldo, e quindi t’allontani.
Io, la giro, e le attizzo con le molle il fuoco sotto,
fin che stride invasa dal calor mite, e si rigonfia in bolle:
e l’odore del pane empie la casa ….”.

Elemento che nasce nella povertà e che si arricchisce della operosità e dell’ingegno degli uomini che l’hanno saputa lavorare e celebrare.

Lungo il viaggio potrebbe essere interessante, quindi, visitare i luoghi e assaggiarli gustando la piadina, consapevoli del suo legame con il territorio e con la tradizione.

Partire da Cervia e arrivare a Comacchio non vuole dire attraversare un grande spazio, ma durante il viaggio si ha la sensazione di attraversare terre sconfinate perché si può andare talmente in profondità che è enorme e sconfinato ciò che si può ammirare e conoscere. Circa 60 km da percorrere nelle profondità scavate dall’arte, dal mare, dalle acque che curiose esplorano da vicino questo territorio, dalla diffusa cordialità, dal semplice divertimento come espressione della condivisione di un sorriso, di un tempo senza pensieri.

Allora pronti, partenza e via! Scaldate i motori e mangiate le strade della Romagna.

La base di questo vostro viaggio può essere proprio Cervia; semplicemente perché è bella, comoda, con piacevoli luoghi per soggiornare, sul mare, nel borgo, lungo il canale. Scegliete in base alle vostre esigenze pensando bene a cosa volete osservare dalla finestra della vostra stanza.

Potrete dedicare il primo giorno a sistemarvi, guardarvi intorno e recarvi a prendere informazioni sulle terme di Cervia e sulle moltissime prestazioni e trattamenti (Acque salsobromoiodiche con una piscina termale con una densità di sale simile a quella del mar Morto), recandovi al centro visite delle saline di Cervia, dove vi potrete documentare sul sale e valutare quali delle visite programmare e prenotare durante il vostro soggiorno.

Sarà opportuno prenotare la vista alle saline prima di visitare le valli di Comacchio, sarà come fare un percorso di conoscenza delle acque che entrano nel territorio, nella vita della gente, come a rappresentare un dono che prima il mare fa all’uomo, a Cervia, e che poi che la terra fa al mare, a Comacchio.

Cervia è una piacevole e splendente città di mare, dalle costruzioni ordinate e piacevoli con un lungomare super attrezzato, tipico della riviera Romagnola ma è anche una città storica, nella quale, in un attimo, passando dalla fresca e graziosa Piazza Pisacane, detta anche Piazza delle Erbe, e arrivando a Piazza Garibaldi si entra in un bellissimo centro storico dove ammirerete il Palazzo del Municipio, il Duomo , la Fontana ma, non ultima, un’atmosfera piacevole nella quale immergersi bevendo un buon caffè seduti in un angolo della piazza, all’interno di un quadrilatero di vecchie abitazioni unite come in una fortezza. Dopo aver visitato il centro storico, seguendo la via per il mare arriverete al Porto Canale e alla Torre San Michele, ma prima di iniziare una passeggiata sul porto artificiale che in passato collegava il mare alle saline, date uno sguardo al museo del sale, situato in un vecchio magazzino e per questo suggestivo ed evocativo. La passeggiata sul porto canale si presenterà piacevole con i tanti locali che si affacciano sul mare a farne decoro e a renderlo vivo, vi lascerà la voglia di tornarci appena possibile.

Dopo una giornata dedicata a Cervia, nel secondo giorno Vi consiglio di godere della riviera scegliendo magari la vivace Milano Marittima, per godere della sua atmosfera, dei suoi servizi e del coinvolgente senso del divertimento. Al calar del sole vi ricorderete del desiderio nato nella giornata precedente e quindi Vi potrete di nuovo immergere nel centro storico di Cervia, cenando in uno dei locali lungo il canale. Non dimenticatevi la piadina!

Se il tempo della vostra vacanza coincide con il celebre Festival Internazionale dell’Aquilone allora il luogo giusto per passare questa giornata non potrà che essere la spiaggia della Pinarella di Cervia, dove la forma e il colore prenderanno il sopravvento nei vostri occhi, nei vostri desideri e nei vostri sogni.

La giornata di relax sarà utile al corpo ma anche allo spirito per affrontare la visita di Ravenna, capitale vera della storia e dell’arte. Per poterne apprezzare al meglio la bellezza ma soprattutto la capacità di stupire, vi consiglio di viverla in almeno due giorni, senza che la stanchezza sopraggiunga a rendere la visita pesante e non completa.

A Ravenna il tempo vi servirà per ammirare gli otto monumenti paleocristiani, patrimonio dell’Unesco, che racchiudono l’esperienza terrena e l’ispirazione dell’Imperatore Teodorico nel VI secolo d.c.; si presentano sobri e semplici all’esterno, a configurare così la semplicità della vita cristiana poco incline alla materialità, in contrapposizione con gli interni, ricchi e lucenti come segno della ricchezza interiore dell’uomo; ed è così che visitando questi luoghi saremo pervasi da quella serenità che solo la bellezza agli occhi sa generare nell’anima. I monumenti da visitare, muniti di una guida adeguata, sono: la Basilica di San Vitale, il Mausoleo di Galla Placidia, il Battistero degli Ariani, il Battistero Neoniano, la Cappella di Sant’Andrea, il Mausoleo di Teodorico, la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, la Basilica di Santa Apollinare in Classe.

Al termine della visita delle otto bellezze di Ravenna, qualche momento lo potrete dedicare alla città, scegliendo tra le tante cose da vedere e visitare; tra queste una molto suggestiva è sicuramente la cripta della Chiesa di San Francesco, senza trascurare la bella atmosfera che si respira in Piazza del Popolo.

Ovviamente non dimenticate la Piadina di Ravenna.

Dopo due giorni di visita vi consiglio nuovamente una pausa per godere al meglio della riviera, dedicando il vostro tempo ad una nuova meta.

La spiaggia di Marina Romea vi aiuterà ad abbandonarvi completamente al mare e ai vicini sapori della terra con il suo panorama ampio e dorato, dove il contatto con il mare è determinato dalla capacità della enorme e suggestiva pineta di nascondere agli occhi del mondo un luogo di mezzo tra la vita rigogliosa della Romagna e la solitudine che il mare sa creare nelle anime.

Il giorno seguente sarete pronti per immergervi nelle suggestive Valli di Comacchio ed aprirvi così a nuovi scenari, unici e suggestivi, luoghi romantici in grado di donare il senso ad una solitudine predominante, immersi in una sorta di mistero determinato dal rapporto tra l’uomo e le acque.

Il borgo di Comacchio, nella parte meridionale del delta del Po, apparirà da subito un luogo plasmato dal faticoso e incerto lavoro e un risveglio turistico che vi sembrerà pacato, silenzioso, piacevole e rilassante. Passeggiare lungo i suoi canali, sui ponti al fianco di palazzi storici vi darà la sensazione di calpestare una piccola Venezia, dalla vita semplice.

La prima suggestione ve la darà la visita al Trepponti, un simbolo, luogo del fascino e sicuramente oggetto delle vostre fotografie, dal ponte è possibile iniziare la vostra passeggiata chiedendo indicazioni per l’Antico Ospedale degli Infermi, che accoglie al suo interno il museo del Delta Antico, un luogo dove sia i reperti che gli strumenti multimediali utilizzati vi daranno tantissime informazioni e saranno in grado di rispondere a molte delle vostre domande e curiosità. Rimarrà sicuramente nella memoria quello che vedrete riguardo la nave romana scoperta a Comacchio nel 1981.

Dopo la visita del museo perdetevi lungo le strade costeggiate dal mare, attraversate vie e ponti con calma, vivendo la vostra visita come un vero giorno di riposo e ogni volta che avrete voglia di fermarvi, fatelo! Osservate e valutate lo scorrere del tempo, non dimenticando di dare spazio alla vostra piadina.

In questo posto così particolare un consiglio sulla piadina è opportuno; provatela con l’anguilla e vi renderete conto di come questo alimento è la vera tradizione di questa terra e di come l’uomo, nella semplicità, è stato in grado di farne cerimonia dei frutti della terra.

Gli altri luoghi di Comacchio da visitare ed osservare sono: la Torre dell’orologio, il Duomo di san Cassiano e la Manifattura dei marinati, antico luogo della lavorazione dell’anguilla.

Terminata la visita lungo i canali, potrete avventuravi lungo le valli disegnate dal Po, dal mare e dalla ricca vegetazione, luogo di incontro di una interessante fauna, delle numerose anguille e dell’uomo, che nei secoli si è adattato a sfruttarne al meglio le risorse disegnando delle strutture armoniose, utili, umili e discrete ma per il turista anche romantiche e suggestive, i casoni di pesca.

Le valli le potrete attraversare a piedi, in bici ma un’esperienza particolare, che vi consiglio, è quella di vistarle in barca, potrete beneficiare di un punto di osservazione non solo diverso ma anche affascinante, unico e rilassante. Non sarà difficile trovare informazioni per organizzare al meglio la vostra visita e individuare i giusti punti del ristoro dell’anima.

Non vi ho dato una indicazione sui giorni da dedicare a Comacchio e le sue valli. In giornata è sicuramente possibile fare quanto vi ho descritto ma se volete verificare quanto il tempo passato in questi luoghi possa essere tempo di riposo, di conciliazione con la natura e con i suoi ritmi, allora dedicategli un giorno in più e non avrete fatto altro che aumentare il peso della vostra valigia dei ricordi.

101 anni e un fine settimana

Stabilire un contatto con le montagne abruzzesi ed entrare in dimensione di ascolto e attenzione può avvenire anche attraverso la lettura di un romanzo come “Colomba” di Dacia Maraini.

“Della ragazza nessuna traccia, come se fosse svanita nel nulla. Dopo settimane di ricerche nei boschi della Marsica, persino le autorità si arrendono e lasciano intendere che probabilmente la sfortunata è morta cadendo in qualche crepaccio……”

Una storia, una fiaba, dolce e gradevole che si svolge nello scenario delle montagne abruzzesi, spingendo il lettore ad immaginare borghi, alberi, sentieri, persone e sensazioni che appartengono a questo territorio. Spazio attraversato dalla storia, plasmato dall’uomo ma così integro e suggestivo che sembra, più di ogni altro, un luogo in cui l’uomo è ospite, dove, consapevole del suo ruolo, finisce per diventare lo spettatore di una meraviglia in una scenografia che si concilia con il pensiero e da lì diffonde benessere nel corpo e nello spirito.

Il territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è uno spazio ampio circa 50.000 ettari ed abitato dal lupo, dal camoscio d’Abruzzo, dall’orso bruno marsicano, dal cervo, dall’aquila reale, dal cinghiale, dal capriolo, dalla lince, dalla volpe, dal tasso, dalla faina, dalla donnola, dallo scoiattolo meridionale, dal falco pellegrino, dal grifone, da alcuni altri loro amici e poi dall’uomo.

Fondato l’11 gennaio del 1923 è uno dei parchi più antichi in Italia.

Sono molti i centri abitati compresi nel territorio del Parco, con esattezza 25, e a tutti la natura dona ambienti gradevoli e mozzafiato, paesaggi che diventano luoghi del ristoro e della pace e tutti sono costruiti come borghi per la vita semplice e comoda dell’uomo, agevole e prosperosa con una continua ricerca del bello e del particolare, circondati da alberi, ruscelli e laghi.

Visitare tutti i luoghi appare difficile e dispendioso ma iniziare a conoscerlo con un fine settimana tipico appare invece una buona idea.

Lasciandovi il gusto di trovare la strada più comoda dal vostro punto partenza Vi propongo di costruire il Vostro soggiorno partendo dalla scelta del luogo in cui soggiornare e Vi suggerisco di prendere in considerazione, ovviamente tra le location che Vi piacciono, il borgo di Villetta Barrea, semplicemente perché così avrete maggiore occasione di incontrare un ospite importante tra le strade e lungo il fiume: il cervo. Sarà emozionante incontrarlo improvvisamente.

E allora facendo base a Villetta Barrea per tre giorni e 2 notti potrete immaginare così il vostro soggiorno.

Il primo giorno lo potrete dedicare alla sistemazione e alla visita di Villetta Barrea, del borgo di Barrea e del relativo lago, magari scegliendo di visitare prima il borgo dove rimarrete incantati dalla capacità di questo luogo di rilassarvi e di creare il giusto contesto di unione con il territorio, troverete vicoli stretti, il Castello, la Chiesa di San Tommaso Apostolo; sceglierete ciò che il vostro pensiero vorrà vedere e agirete secondo ciò che il vostro cuore vi spingerà a fare. Non ve ne pentirete! Dopo la visita del borgo di Barrea è giusto dedicare un po’ di tempo al lago e ai suoi fantastici scorci, in tranquillità e senza fretta. La giornata potrà così terminare con una passeggiata a Villetta Barrea e lungo il fiume Sangro, ovviamente pronti ad incontrare il Cervo.

Per il secondo giorno attrezzatevi per passeggiate ed esplorazioni, ovviamente a seconda dei vostri desideri e delle vostre capacità; potrete scegliere tra le decine di percorsi naturalistici più o meno impegnativi, basterà documentarvi direttamente sul posto ed avrete l’imbarazzo della scelta. Di seguito una piccola descrizione di tre percorsi davvero unici e che contribuiscono a definire i luoghi del Parco “incantevoli”:

Val Fondillo; una valle di montagna dagli spettacolari panorami adatta alle diverse esigenze e dove incontrerete il Torrente Fondillo, la grotta Fondillo e un ponte tibetano, aree picnic e tanta acqua fino a raggiungere la Grotta delle Fate, dove potrete tentare di ascoltarne il canto.

La Camosciara; una riserva naturale incantevole che potrete percorrere con una passeggiata, a cavallo o in bici da fare in silenzio, per non perdere nessuno dei suoni che la natura saprà regalarvi, anche questo percorso dalle diverse difficoltà e quindi adatto a molti, con il Torrente Scerto, la Cascata delle Tre Cannelle e la Cascata delle Ninfee.

Il bosco delle favole “La Difesa” di Pescasseroli; una passeggiata comoda, da fare se avete bisogno di rimanere sorpresi, di cercare spazi e luoghi per dei piccoli e brevi sogni; questo luogo, se saprete scegliere il giusto angolo, vi farà sentire immersi in una favola, lontani dal mondo; dove potrete incontrare delle installazioni artistiche in assoluta sintonia con la natura.

Dopo aver deciso quanto tempo dedicare alla vostra passeggiata o escursione, potrete dedicare il resto del tempo al borgo di Pescasseroli che più di tutti rappresenta il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove troverete il Museo naturalistico, il Parco faunistico ed un borgo davvero gradevole, ben curato e fiorito; Vi consiglio una visita alla Abbazia dei Santi Pietro e Paolo del XII secolo con una passeggiata lungo Corso Plistia, un vero sentiero nella storia.

Per il terzo giorno  Vi propongo di spostarvi di qualche chilometro e di raggiungere l’antico borgo di Scanno e l’omonimo lago; prima di dedicarvi alla visita dei vicoli e di scattare delle fantastiche fotografie o di rilassarvi in riva al lago Vi propongo un sentiero che vi porterà in un luogo dove potrete ammirare un lago dalla forma romantica e lo potrete scoprire dall’alto percorrendo il “sentiero del cuore” fino ad arrivare ad un punto panoramico dal quale potrete ammirare l’intero lago e la sua forma a cuore; le foto saranno stupende così come i ricordi.

Dopo aver percorso il sentiero del cuore potrete dedicare il vostro tempo a passeggiare tra antichi palazzi, archi e panorami nel borgo che ha attirato negli anni e attira grandi fotografi, in quanto si presenta come uno scenario adatto a costruire immagini che facilmente si candidano a rimanere eterne. Potrete pertanto abbondonarvi a questa bellissima arte sperimentando la vostra capacità con le immagini; chi sa che dai vostri tentativi e dal vostro stato d’animo non nascano delle foto uniche.

Prima di lasciare il Parco Nazionale d’Abruzzo certate un posto nel lungo lago per rilassarvi come meglio vi piace per ripensare al vostro breve ma intenso soggiorno e mettere ordine alle tante immagini e sensazioni che porterete con Voi.

Dentro Napoli, Forcella

Il cuore di Napoli è il Vesuvio, che veglia nello scorrere del tempo,

il cuore di Napoli è il mare che ne espande la bellezza,

il cuore di Napoli è il teatro che si fa arte nella strada,

è senz’altro il caffè dove solo sa trasformarsi in sospeso,

oggi il cuore di Napoli è Maradona e il suo mistero,

il cuore di Napoli è l’essere napoletano tra tanti,

è lo stare nei suoi vicoli e nelle sue strade, nei rioni

e tra essi c’è Forcella.

Forcella è un rione, un insieme di persone, è parte di un popolo che riesce a tenere insieme tutti i beni e i mali di Napoli, città che per contraddizioni, per la forza dell’animo e per l’espressione artistica presenta dei caratteri unici al mondo.

Forcella si trova nel pieno centro storico della città, dichiarato nel 1995 patrimonio mondiale dell’Unesco, tra i quartieri Pendino e San Lorenzo, tra via Duomo, Spaccanapoli e Corso Umberto I; il nome Forcella può avere origine dal famoso bivio ad “Y” a ricordare la tipica forma della “forcella” ma è bello pensare che la “Y” sia quella pitagorica da cui partono non semplici vie, ma il vizio e la virtù, da cui partono, quindi, le contraddizioni che si estendono in tutta la città ; se tale toponimo derivi dal tracciato, che presso via Giudecca Vecchia devia a destra formando appunto una “forcella” o se derivi dalla forma della vecchia strada che 2000 anni fa partiva fuori dalla porta delle antiche mura dirigendosi con una forma ad “Y” verso Ercolano e verso il mare, lasciamolo agli storici.

Queste ipotesi, per quanto fantasiose, fanno quindi dedurre che Forcella è centrale per la città di Napoli, ma a prescindere dall’origine del suo nome, questo rione sicuramente racchiude tutto ciò che è Napoli e lo racchiude da tanto tempo, perché è tra queste strade che si trovano alcuni dei reperti più antichi dell’insediamento urbano partenopeo.

È in piazza Vincenzo Calenda che si trova infatti “O Cipp’ à Furcella”, un insieme di pietre che rappresentano i resti che rimangono della cinta muraria (“Porta Furcillensis”) dell’antica Neapolis.

Gli angoli di Forcella sono luoghi di vita semplice, difficile, intensa, colorata, divertente e triste, decadente e, per tutto ciò, sono anche angoli dell’arte, di espressione del cuore, come quando furono scenario del primo episodio di “Ieri, oggi e domani” di Vittorio De Sica, dove il mondo conobbe “Adelina” interpretata da Sophia Loren, una donna che per evitare la prigione, accusata di contrabbando, continuava a farsi mettere incinta dal proprio marito, interpretato da Marcello Mastroianni.

La vita che scorre a Forcella però si fa arte e testimonianza artistica tutti i giorni; è a Forcella che ha sede l’antico teatro Napoletano “Trianon”.

Il Teatro, oggi “Trianon Viviani”, inaugurato nel 1911 con la commedia “Miseria e Nobiltà” di Eduardo Scarpetta, ha attraversato gli anni conoscendo moltissime vicende ma quello che interessa è quello che rappresenta oggi, centro vivo delle espressioni culturali di Napoli in un luogo che sicuramente ha in sé le radici di questa intensa città; oggi uno spazio che sa mettere insieme tutto ciò che offre, nello spettacolo, la tradizione napoletana e i nuovi linguaggi delle espressioni artistiche a dare vita a quello spirito di apertura del popolo napoletano nei confronti di ciò che si propone dall’esterno, come spinto da una inconsapevole voglia di migliorarsi attraverso l’accoglienza.

Presentare Forcella con “O Cipp” e con il “Trianon-Viviani” è però solamente un espediente per spingere il visitatore ad iniziare una scoperta che offrirà sorprese e sensazioni che si tradurranno, in maniera esplosiva e coinvolgente, in emozioni.

E allora Vi consiglio di iniziare a scoprire quante meraviglie e curiosità nasconde, non fosse altro che per sceglierne una da conservare nel cuore.

La Vostra passeggiata può avere inizio visitando lungo Corso Umberto I la Chiesa di S. Maria Egiziaca, interessante esempio di barocco napoletano con una adiacente monastero risalente al XIV secolo e costruito per l’assistenza delle prostitute pentite, da qui il legame con la Santa Maria Egiziaca, peccatrice pentita.

Da lì non sarà difficile addentrarvi nel rione da Via Egiziaca passando da Corso Umberto (qualche metro più in là in direzione Stazione Centrale) dove incontrerete la Fontana della Scapigliata e la Fontana del Capone, entrambe del XVI secolo; documentatevi sulla loro storia e immediatamente avrete la sensazione del cambiamento delle funzioni e dei luoghi nel tempo.

 Dopo aver ammirato le fontane ecco a Voi Piazza Vincenzo Calenda e quindi O Cipp’ e Il Teatro Trianon – Viviani, da qui concentratevi in una lenta e curiosa passeggiata in Via Forcella, mercato all’aperto, teatro di strada, mostra viva degli eccessi di questa città, vita di tutti i giorni e ricordi di un passato più o meno recente, e anche testimonianza viva del cuore di Napoli nei ricordi che troverete per strada dedicati ad Annalisa Durante; Vi invito ad una passeggiata che sia capace di lanciare degli sguardi nei vicoli, nei saluti della gente, nelle case; la passeggiata in Via Forcella, che dopo aver incontrato Vico dei Carbonari (dove nacque Nino Taranto) diventa Via Vicaria Vecchia, non durerà molto e terminerà in Piazza Crocelle ai Mannesi, dove basterà che vi giriate verso sinistra per ammirare il murales “Gennaro”, esempio di street art di Jorit Agoch del 2015, in cui il Santo è rappresentato in grandi dimensioni nelle vesti di un giovane uomo, come tanti tra i tanti, a testimoniare la vicinanza del santo patrono alla gente di Napoli.

Dopo aver ammirato il murales e magari aver preso un caffè, dovrete dedicare un po’ del vostro tempo ad una Chiesa che ha in sé secoli di storia e che racconta vicende napoletane molto originali e particolari. In piazza Crocelle ai Mannesi, proprio accanto al murales, troverete l’entrata di San Giorgio Maggiore; fondata tra il IV e il V secolo dal Vescovo Severo, di cui conserva le spoglie e consacrata a San Giorgio nel IX secolo, conserva un’abside paleocristiano che vi spingerà a cercare di approfondire la storia di questo luogo magari facendovi aiutare dalla disponibilità e dalla competenza del personale presente nella Chiesa. Oggi l’orientamento dell’edificio è stato invertito per cui i reperti paleocristiani li troverete all’entrata e noterete da subito l’assenza di una delle due navate, anticamente distrutta per fare spazio agli ampliamenti di Via Duomo. Tra le tante cose che potrete scoprire all’interno di San Giorgio, tra le molte opere del ‘600 e del ‘700 napoletano, quella che vi creerà stupore e curiosità è il dipinto di Alessio D’Elia che raffigura San Giorgio, collocato su di un supporto mobile perché al di sotto l’autore ha voluto proteggere, dal tempo e dall’uomo, un altro dipinto del Santo di Aniello Falcone; due dipinti diversi, una storia ricca e profonda che parla di Napoli, di arte e di coraggio, tutta da scoprire.

Dalla chiesa l’uscita laterale vi immetterà direttamente a Via Duomo, girando a destra percorrete una delle vie più antiche di Napoli fino ad arrivare al Duomo, la Chiesa più importante della città, visitatelo dopo esservi opportunamente documentati e non dimenticatevi del Tesoro di San Gennaro, che troverete nell’omonimo museo.

Da Via Duomo tornando indietro incontrerete Via dei Tribunali, girate a sinistra ed inoltratevi in una delle vie più belle di Napoli, ma giunti a Piazza Sforza, dove c’è l’obelisco di San Gennaro, ammirate e visitate il palazzo del Pio Monte della Misericordia, un edificio bellissimo del Seicento napoletano, di proprietà dell’Istituzione benefica, oggi ancora attiva, che conserva all’interno della Chiesa la tela delle “Sette opere di misericordia” del Caravaggio.

Continuando per Via dei Tribunali, Forcella ha ancora da mostrarvi la sua storia e i suoi luoghi pieni di vita vissuta, portandovi dritti fino a Castel Capuano, non dimenticando mai, percorrendo queste strade, di osservare, anche le piccole cose, di ascoltare le parole e i rumori e, se possibile, di scambiare amichevolmente quattro chiacchiere con le persone che incontrerete; tutto questo darà valore al vostro cammino. Castel Capuano, pur non apparendo come una vera fortezza, rappresenta il primo castello di Napoli, la cui costruzione è iniziata al tempo dei Normanni da Guglielmo I nel XII secolo, ampliato da Federico II e fortificato da Carlo I, già dal XVI secolo è sede dei Tribunali di Napoli, luogo degli amori peccaminosi di Giovanna II con il suo amante rappresenta una monumentale testimonianza del tempo che scorre in questa nobile e semplice città. Sulla sua facciata potrete ammirare ancora lo stemma di Carlo V di Spagna.

Costeggiando il Castello, potrete continuare la Vostra visita esplorativa del rione Forcella percorrendo prima Via Concezio Muzy, poi Via Pietro Colletta fino a tornare a Piazza Vincenzo Calenda, dove dovrete cercare Via dell’Annunziata, una via che percorrerete per raggiungere un luogo di Forcella pieno di storia, di suggestione, di mistero, pieno di Napoli; la Real Casa dell’Annunziata, che comprende sia una  basilica, un ospedale, un convento , un orfanotrofio, e oggi un ospedale pediatrico e ginecologico, rappresenta il presente e il passato. Una volta giunti nei pressi della Basilica della Santissima Annunziata Maggiore, a sinistra dell’arco cinquecentesco d’ingresso al complesso, potrete ammirare il luogo in cui venivano anticamente abbandonati i bambini, spesso poveri o illegittimi, che venivano introdotti nella ruota degli esposti e accolti, già dal XIV secolo, nella Santa Casa dell’Annunziata. Su questo posto ricco di storia, ma anche così descrittivo per la città, vi invito a documentarvi per conoscere storie e aspetti che sono del luogo ma che parlano anche dell’amore che questa città ha per i suoi figli.

Dopo avere visitato la Santa casa dell’Annunziata vi troverete di nuovo nei pressi corso Umberto, a terminare così la vostra passeggiata a Forcella.

Un’ultima indicazione riguarda un luogo che non troverete in questo itinerario ma che gli appassionati di storie oscure, di spiriti, di delitti e pratiche perverse potranno sicuramente apprezzare; la Chiesa di Sant’Arcangelo a Baiano o, meglio, ciò che ne rimane, con la sua storia e gli episodi che si tramandano vi saprà parlare di questo rione e di questa città.

Ma i luoghi che Forcella Vi potrà mostrare sono anche molti altri, magari da incontrare anche in modo improvviso e casuale, perché questa è una città che si scopre con la curiosità, con la predisposizione ad accogliere le piccole cose, i piccoli aspetti e dai quali possono nascere grandi suggestioni che per il viaggiatore si trasformano in ricordi.

Ultima indicazione; non sottovalutate il fatto che siete in uno dei luoghi che meglio danno espressione della unicità della pizza napoletana e della pizza fritta.

La Costiera è Amalfitana

Se avete poco tempo ed avete voglia di partecipare alla magia di stare qualche ora in un angolo di mondo dove tutto è stupore, è sapore intenso e storia, allora Amalfi è la meta che fa per Voi.

La costiera, meta turistica per eccezione del bel paese, è amalfitana perché Amalfi ne è il centro e aggiungerei anche l’anima.

Per raggiungere Amalfi, volendo sostare per una giornata o per qualche ora, Vi consiglio di seguire la via del mare partendo da Salerno, da Sorrento, da Napoli o dalle altre località della Costiera; approdare nel porto di Amalfi saprà meglio donarvi quella sensazione che si prova ad essere testimoni del tempo.

Amalfi deve la sua origine ad un gruppo di Romani che navigando verso Costantinopoli, in seguito a diversi eventi, diedero vita, su queste coste, ad un borgo di pescatori.

I piccoli pescatori, nel tempo, videro crescere il loro borgo che divenne un agglomerato sempre più importante fino a diventare la più antica delle Repubbliche Marinare; città importante per i suoi commerci, per la sua flotta e capace anche di scrivere nelle “Tavole Amalfitane” una raccolta di leggi, che parlano di commercio in modo moderno e attuale.

Ma nella storia, le grandi città e i grandi popoli non possono non conoscere anche momenti di difficoltà come saccheggi, maremoti ed epidemie, eventi che possono sicuramente modificarne la potenza economica e sociale ma che non incidono sulla storia, sull’arte e sull’anima del popolo che nei secoli si tramanda.

Già dalla fine dell’Ottocento con il miglioramento delle vie di comunicazione Amalfi ha iniziato il suo percorso di importante meta turistica, vocazione più che mai oggi attuale.

Appena sbarcati Vi consiglio di sostare per qualche attimo in piazzetta Flavio Gioia e pianificare così, con l’aiuto delle guide o delle varie ricerche internet, la vostra breve e intensa visita.

Quello che consiglio è di non soffermarvi troppo sul lungomare rimandando alle ore successive una piacevole passeggiata, questo perché per comprendere e vivere appieno il vostro momento è opportuno immergersi da subito nella sua magnificenza e nel posto che rappresenta l’essenza della sua unicità.

Da piazza Flavio Gioia, colui che diede luce all’utilizzo della bussola magnetica tra il 1250 e il 1300, potete iniziare il Vostro percorso per i vicoli del centro e in Piazza Duomo; un lato della piazza è chiuso da una scalinata che rimarrà per sempre nella vostra memoria e allora, non perdete tempo, spinti dalla sua grandiosità e dal suo fascino entrate nel Duomo, nella Cattedrale di Sant’Andrea, nel Chiostro del Paradiso, nella Basilica del Crocifisso e nella Cripta in cui troverete la tomba di Sant’Andrea.

In questi spazi avrete la sensazione della sorpresa, e mi raccomando scegliete, tra molti, il vostro angolo della bellezza e avvertirete la grandezza della storia che ha attraversato Amalfi lasciando che le culture, gli stili, le dominazioni si succedessero nel tempo a dare vita a qualcosa che oggi si può definire “grande”; Vi suggerisco di dedicare dieci, quindici minuti ad una sosta e ad una camminata nel chiostro del Paradiso, ammirando il giardino e la vista sul campanile, e sono sicuro che lo eleggerete a posto magnifico tra quelli che avete visitato nella vita.

Per chi ha fede la tomba di sant’Andrea si presenta come un luogo raccolto, adatto ad un momento di preghiera e di riflessione personale.

Lasciando il Duomo possiamo prendere un caffè e, perché no, gustare uno dei dolci della costiera ammirando la Fontana di Sant’Andrea, opera del ‘700.

Da qui potrete inoltravi nelle vie, più o meno nascoste, che si apriranno in affascinanti piazzette e unici scorci sul mare; sarà bello camminare senza meta nel rione Vagliendola, in strade più o meno frequentate, perdendovi nei piccoli vicoli e tunnel ed apprezzare il calore trasmesso dalle sue case in un misto di bellezza e decadenza che non può che tradursi in una sensazione di fascino.

Tra le tante attrazioni che troverete mi permetto di citarne e consigliarne alcune; Il suggestivo presepe all’Arco della Faenza e la passeggiata per arrivarci, La piazza dei Dogi, bella e intima, Il palazzo dell’Arsenale, che ricorda la grande storia della Repubblica Marinara, Il Museo della Carta che ci conduce alla conoscenza di un’arte che nei tempi ha contribuito a rendere famosa Amalfi nel mondo.

Dopo aver fatto il pieno di immagini e sensazioni, e perché no di sapori magari con un bel piatto di Scialatielli all’Amalfitana, dedicatevi ad una piacevole e lenta, per quanto possibile, passeggiata sul lungomare, con lo sguardo sul mare e sulla costiera e magari leggendo i versi dell’Elogio ad Amalfi di Salvatore Quasimodo;

“Qui è il giardino

che cerchiamo sempre e inutilmente dopo i luoghi perfetti dell’infanzia.

una memoria che avviene tangibile sopra gli abissi del mare,

sospesa sulle foglie degli aranci e dei cedri sontuosi

negli orti pensili dei conventi”

se riuscite a fermarvi fino al tramonto e alla accensione delle prime luci porterete con Voi un ricordo in più.

Tre giorni sul Vulcano

La prima emozione l’isola di Stromboli la provoca osservandola dalla terra ferma; una montagna a cui sembra mancare la sommità e che mostra il cuore della terra.

Stromboli è un’isola italiana appartenente all’arcipelago delle Eolie, in Sicilia, ed ha una superfice di circa 12 km², sull’isola è presente l’omonimo vulcano con due centri abitati: Stromboli (a sua volta suddiviso nelle località di Scari, San Vincenzo, Ficogrande e Piscità) e Ginostra, dall’altra parte dell’isola. Il principale approdo è situato a Scari.

Per visitare in tre giorni questo angolo di paradiso è opportuno comprendere che il migliore beneficio lo si ha potendone con calma, e anche in silenzio, assaporare l’atmosfera, i colori, i rumori, i profumi e ciò che la terra può offrire alla nostra tavola.

Per fare tutto questo è opportuno evitare i periodi di maggiore affollamento; consiglio di evitare luglio e agosto e comunque il fine settimana. Stupenda in primavera.

A causa di importanti eruzioni del vulcano molti uomini e molte donne hanno abbandonato Stromboli nel corso del 900 e per anni l’Isola è caduta nel dimenticatoio.

Ma poi ha vinto la bellezza e il suo fascino che ha anche ispirato l’arte; è stata, infatti, una creazione cinematografica a creare per Stromboli i presupposti di un futuro radioso e affascinante.

Nel 1949 Roberto Rossellini con il film “Stromboli terra di Dio“ ha fatto riscoprire Stromboli agli Italiani e al mondo, mostrandone le bellezze e le unicità anche grazie al contributo della grande attrice Ingrid Bergman; solo un’opera d’arte, celebrandola, ha potuto contribuire  a restituire la giusta attenzione da parte degli italiani e del mondo intero.

Un’attenzione che cresce con il tempo ed in grado di ispirare pensieri, poesie e riflessioni in chi la visita.

…il programma per i nostri tre giorni

Primo giorno

Dopo essere sbarcati sull’Isola ed esservi sistemati nell’alloggio scelto e trovato, la prima cosa a cui vi dovete dedicare è una bella passeggiata, per immergervi nella sua atmosfera tra i vicoli e gli scorci che da subito potrà offrire.

Se c’è tempo partendo da Scari, chiedendo indicazioni precise, con dieci minuti di cammino potete andare a fare un bagno o semplicemente ad osservare il mare nella spiaggia delle Petrazze.

Dopo un tempo di relax vi propongo di farvi accompagnare in barca, a tal proposito non dimenticate di prenotare la gita, a contemplare, a motore spento, la sciara di fuoco mentre arriva la sera. Entrerete così in contatto con la vera particolarità di questa isola, il fuoco che fuoriesce dalla sua pancia; uno spettacolo unico che vi darà un senso di conciliazione e di unione con la natura e potrà forse ispirare i vostri pensieri più profondi ed intimi.

Rientrati nel porticciolo dedicatevi alla cena che nel frattempo avrete deciso di organizzare per la prima serata.

Prima di andare a dormire, subito dopo l’esservi tuffati in tutte le esperienze culinarie che sapranno consigliarvi, non dimenticatevi di cercare un vostro angolo di isola, per 15 minuti; in solitudine, in intimità, osservatene il cielo e scrivete nel vostro cuore ciò che rimane nella vostra mente. Per sempre.

Secondo giorno

Buongiorno e pronti a vivere il mare di Stromboli.

Dopo esservi procurati un giro in barca consiglio di andare a vedere da vicino: Strombolicchio, isolotto in cui è vietato sbarcare; la spiaggia di Eolo con la Sua grotta; la spiaggia e le secche di Lazzaro.

Se il tempo lo consente immergetevi in mare, non dimenticate la maschera, ovunque sarà bellissimo.

Proseguite verso il borgo marinaro di Ginostra, da visitare e da apprezzare per la Sua naturalezza. Una volta a Ginostra aspettate di ammirare un fantastico tramonto sul mare e infine gustare una cenetta siciliana.

Prima di andare a dormire riordinate le idee e chiudetele nel cassetto della vostra memoria.

Terzo giorno

Prima di riprendere il traghetto per la terra ferma consiglio di dedicare il tempo che avete a passeggiare sull’isola per chi vuole e può con le tante escursioni da trekking che l’isola propone, per chi non preferisce l’avventura e la fatica semplicemente prendendosi del tempo senza meta, cercando di immagazzinare sensazioni e scorci che porterete per sempre con Voi.

La nostalgia del viaggio

Salve,

sono E. C., un piccolo sognatore e in questo mio blog ho, scusate, la presunzione di raccontare, esporre, proporre delle idee di percorsi per i nostri viaggi. Insieme percorreremo, un po’ alla volta, l’Italia e le Sue meraviglie e nello stesso tempo ci faremo attraversare dai desideri e dalla nostra immaginazione; pronti per vivere il viaggio dentro di noi.

Il viaggio è …

A tutti noi o, meglio, a me piace viaggiare.

Amo spostarmi nello spazio per scoprire i riflessi che il viaggio ha sulla mia persona; mi piace farlo anche solo con la mente attraverso la mia immaginazione, per scoprire gli effetti che ciò ha sulla mia anima.

In questo mio percorso ho l’obiettivo di divertirmi e di stimolare i miei viaggi, sia con spostamenti del corpo che con la mente e così creare un mio spazio dove raccontare tutto questo.

Per avere la certezza dell’importanza del viaggio per l’uomo ho sempre trovato divertente curiosarne le definizioni degli uomini, o almeno di quelli che sanno raccontare, perché in qualche modo aiutano e ti fanno scoprire ciò che è vero, ciò che sapevi ma che non avevi mai capito e anche ciò che non sapevi.

Quindi buon viaggio nelle definizioni che ho scoperto…

Un Viaggio è sempre una scoperta, prima di luoghi nuovi è la scoperta di ciò che i luoghi nuovi fanno alla tua mente e al tuo cuore. Viaggiare è sempre, in qualche forma, esplorare sé stessi. (Stephen Littleword)

C’è gente che viaggia per conoscere persone nuove; io per dimenticare quelle che già conosco. (Anonimo)

Il più bel viaggio è quello che non è stato ancora fatto. (Loick Peyron)

La maggior parte di noi si porta dentro, da sempre, un viaggio, che non è una semplice visita o una vacanza, ma un sogno. Un viaggio di questo tipo si alimenta di letture, cartoline illustrate, carte geografiche, fotografie, persone che arrivano con delle notizie, avventure vissute da altri e di cui uno si sente partecipe nell’oscurità di una sala cinematografica o a casa, soli davanti alla televisione… (Maruja Torres)

Uno dei piaceri del viaggio è immergersi dove gli altri sono destinati a risiedere, e uscirne intatti, riempiti dell’allegria maligna di abbandonarli alla loro sorte. (Jean Baudrillard)

Chi viaggia senza incontrare l’altro, non viaggia, si sposta. (Alexandra David-Néel)

Vorrei sempre essere altrove, dove non sono, nel luogo dal quale sono or ora fuggito. Solo nel tragitto tra il luogo che ho appena lasciato e quello dove sto andando io sono felice. (Thomas Bernhard)

Viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è vostro, tranne le cose essenziali – l’aria, il sonno, i sogni, il mare, il cielo – tutte le cose tendono verso l’eterno o ciò che possiamo immaginare di esso. (Cesare Pavese)

Viaggiare è come tenere i rubinetti aperti e vedere il tempo che va via, sprecato, liquido, intrattenibile. (Ennio Flaiano)

Quale mondo giaccia al di là di questo mare non so, ma ogni mare ha un’altra riva, e arriverò. (Cesare Pavese)

Un luogo non è mai solo ‘quel’ luogo: quel luogo siamo un po’ anche noi. In qualche modo, senza saperlo, ce lo portavamo dentro e un giorno, per caso, ci siamo arrivati. (Antonio Tabucchi)

Se vuoi viaggiare in “prima classe” devi viaggiare con il cuore! (Anonimo)

Nessuno comprende quanto sia stupendo viaggiare finché ritorna a casa ed appoggia la testa sul suo solito, vecchio e familiare cuscino. (Lin Yutang)

Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati. (Gore Vidal)

Le persone viaggiano verso posti lontani per osservare, affascinati, persone che normalmente ignorano a casa. (Dagobert D. Runes)

Se si rifiuta il cibo, si ignorano i costumi, si ha paura della religione, e si evita la gente, allora sarebbe stato meglio stare a casa. (James A. Michener)

Non è vero. Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto:” Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l’inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in Primavera quel che si era visto in Estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. (Josè Saramago)

Viaggiando ci s’accorge che le differenze si perdono: ogni città va somigliando a tutte le città, i luoghi si scambiano forma ordine distanze, un pulviscolo informe invade i continenti. (Italo Calvino)

Viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un’altra. (Claudio Magris)

In alcune parti del mondo il tuo arrivo o partenza si ampliano in modo misterioso per le emozioni di tutti quelli che sono arrivati o partiti prima di te. (Cees Nooteboom)

I sentieri si costruiscono viaggiando. (Franz Kafka)

Quando si viaggia si sperimenta in maniera molto più concreta l’atto della Rinascita. Ci si trova dinanzi a situazioni del tutto nuove, il giorno trascorre più lentamente e, nella maggior parte dei casi, non si comprende la lingua che parlano gli altri. È proprio quello che accade a un bambino appena nato dal ventre materno. (Paulo Coelho)

Viaggiare insegna lo spaesamento, a sentirsi sempre stranieri nella vita, anche a casa propria, ma essere stranieri fra stranieri è forse l’unico modo di essere veramente fratelli. Per questo la meta del viaggio sono gli uomini. (Claudio Magris)

Non si fa un viaggio. Il viaggio ci fa e ci disfa, il viaggio ci inventa. (David Le Breton)

Viaggiare, è chiedere di colpo alla distanza ciò che il tempo non potrebbe darci che a poco a poco. (Paul Morand)

I viaggi sono la parte frivola nella vita delle persone serie, e la parte seria nella vita delle persone frivole. (Anne Sophie Swetchine)

Ho sempre pensato: quando sarò libero, senza vincoli, viaggerò. Ma non ho ricette per viaggiare, inciampo spesso, dappertutto. Mi piace perdermi, faccio molte deviazioni. Spesso decido la destinazione strada facendo, oppure la cambio del tutto. Non si può fare esperienza di troppe cose viaggiando; penso sia meglio concentrarsi su poco, o anche nulla, non fare attenzione ai monumenti. Ai musei, ma solo tenere gli occhi aperti e ascoltare. E non è così facile. (Peter Handke)

Gli antichi resoconti di viaggio diventeranno preziosi come le più grandi opere d’arte; perché sacra era la terra sconosciuta, e non può mai più esserlo. (Elias Canetti)

Partire è vincere una lite contro l’abitudine. (Paul Morand)

C’è chi viaggia per perdersi, c’è chi viaggia per trovarsi. (Gesualdo Bufalino)

Chi torna da un viaggio non è mai la stessa persona che è partita. (Proverbio cinese)

Viaggia come Gandhi, con vestiti semplici, occhi aperti e mente sgombra. (Rick Steves)

Dal mio quarto piano sopra l’infinito, nella plausibile intimità della sera che scende, alle finestre verso lo spuntare delle stelle, i miei sogni viaggiano in sintonia con la distanza evidente per i viaggi verso paesi sconosciuti, o immaginati o soltanto impossibili. (Fernando Pessoa)

Partiamo all’alba, con il cervello ardente, il cuore gonfio di rancore e desideri amari, e andiamo, docili al ritmo delle onde, cullando l’infinito nostro sul finito dei mari… (Charles Baudelaire)

Al primo viaggio si scopre, al secondo ci si arricchisce. (Proverbio Tuareg)

In viaggio, la cosa migliore è perdersi. Quando ci si smarrisce, i progetti lasciano il posto alle sorprese, ed è allora, ma solamente allora, che il viaggio comincia. (Nicolas Bouvier)

Chi non si muove, non può rendersi conto delle proprie catene. (Rosa Luxembourg)

Sotto l’azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va;né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto: «più in là» (Eugenio Montale)

Un viaggio non comincia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta. In realtà comincia molto prima e non finisce mai, dato che il nastro dei ricordi continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. È il virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile. (Ryszard Kapuscinki)

Viaggiare significa aggiungere vita alla vita. (Gesualdo Bufalino)

In tibetano la definizione di “essere umano” è a-Go ba, “Viandante”, “Chi fa migrazioni”. (Bruce Chatwin)

Tutto considerato, ci sono due specie di uomini nel mondo: quelli che restano a casa loro e gli altri. (Rudyard Kipling)

Vorrei vivere diverso in paesi lontani. Vorrei morire altro fra bandiere sconosciute. (Fernando Pessoa)

Accade durante i viaggi: un solo mese sembra più lungo di quattro mesi trascorsi a casa. (Arthur Schopenhauer)

Il modo migliore per cercare di capire il mondo è vederlo dal maggior numero di angolazioni possibili. (Ari Kiev)

Gradiva le differenze: forse per questo viaggiò tanto. (Jorge Louis Borges)

I viaggi? Sono la nostra personalissima galleria d’arte… I viaggi sono i quadri della nostra vita. (Anonimo)

Si viaggia non per cambiare luogo, ma idea. (Hippolyte Adolphe Taine)

I viaggi cominciano molto prima degli autobus, degli aerei, degli elicotteri, delle navi, dei piedi. I viaggi cominciano dentro la testa. È lì che ci si deve spostare, altrimenti, niente si muove. (Simona Vinci)

Non c’è niente come tornare in un luogo che non è cambiato, per rendersi conto di quanto sei cambiato. (Nelson Mandela)

Il viaggio era… com’è tipico anche ai nostri giorni di ogni viaggio fatto con intelligenza, una scuola di resistenza, di stupefazione, quasi un’ascesi, un mezzo per perdere i propri pregiudizi, mettendoli in contatto con quelli dello straniero. (Marguerite Yourcenar)

Quando si è in viaggio, ricordate che un paese straniero non è progettato per farvi stare comodo. È stato progettato per rendere comodo il proprio popolo. (Clifton Fadiman)

Viaggiare è fuggire il proprio demone familiare, distanziare la propria ombra, seminare il proprio doppio. (Paul Morand)

In verità io sento di più come casa mia le lande antartiche che Milano, per cui il vero trauma non è la partenza ma il ritorno. Dopo essere vissuto in un mondo dove tutto è autentico, importante, dove ogni giorno ha l’intensità di un anno, trovarmi di botto fra gente che rincorre cose senza valore, succube del consumismo, eccetera, beh… mi sembra di capitare tra matti! Dopo un po’ rientro anch’io nei binari, altrimenti mi sentirei un disadattato, ma lo faccio con il naso tappato, come in apnea, perché non accetto quello che la società mi propone. Lo sopporto perché so che è il prezzo che devo pagare per avere in cambio il resto. (Walter Bonatti)

La cosa più importante da mettere in valigia è un libro: probabilmente nessun compagno di viaggio sarà più generoso, originale, vivace e socievole. Penne e taccuini, naturalmente. (Paul Theroux)

Ho attraversato mari, ho lasciato dietro di me città, ho seguito le sorgenti dei fiumi e mi sono immerso nelle foreste. Non ho mai potuto tornare indietro, esattamente come un disco non può girare al contrario. E tutto ciò a cosa mi stava conducendo? A questo preciso istante. (Jean-Paul Sartre)

Ho imparato che chi viaggia ha bisogno solo di ombra, muschio e un po’ di luce che guidi i suoi passi. (Rafael Adolfo Téllez)

Più i viaggi sono lontani, più si entra nel mondo. (Jurgen Wilbert)

Chissà che cosa avrebbe scoperto Colombo se l’America non gli avesse sbarrato la strada. (Stanislaw Lec)

Si esce dal labirinto allontanandosi dal suo centro, andando verso la periferia. (Stefano Lanuzza)

Partire, è un po’ morire, è morire rispetto a ciò che si ama: si lascia un frammento di se stessi in ogni ora e in ogni luogo. (Edmond Haraucourt)

Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli. (Emilio Salgari)

C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore. Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta. Così come non credo che si viaggi per tornare. L’uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato. Da sé stessi non si può fuggire. (Andrej Tarkovskij)

Dove stai andando? Butta via la cartina! Perché vuoi sapere a tutti i costi dove ti trovi in questo momento? D’accordo: in tutte le città, nei centri commerciali, alle fermate degli autobus o della metropolitana, sei abituata a farti prendere per mano dalla segnaletica; c’è quasi sempre un cartello con un punto colorato, una freccia sulla mappa che ti informa chiassosamente: “Voi siete qui”. Anche a Venezia, basta che alzi gli occhi e vedrai molti cartelli gialli, con le frecce che ti dicono: devi andare per di là, non confonderti, Alla ferrovia, Per san Marco, All’Accademia. Lasciali perdere, snobbali pure. Perché vuoi combattere contro il labirinto? Assecondalo, per una volta. Non preoccuparti, lascia che sia la strada a decidere da sola il tuo percorso, e non il percorso a farti scegliere le strade. Impara a vagare, a vagabondare. Disorientati. Bighellona. (Tiziano Scarpa)

Obliato nel suo paese, sconosciuto altrove. Tale è il destino del viaggiatore. (Marcel Carné)

Ah! Il viaggio è un bagno di umiltà: ti rendi conto di quanto è piccolo il luogo che occupi nel mondo. (Gustave Flaubert)

La nostra natura consiste nel movimento, la calma completa è la morte. (Blaise Pascal)

Un viaggio è una nuova vita con una nascita, uno sviluppo e una morte, che ci è offerta all’interno dell’altra. Approfittiamone. (Paul Morand)

Ogni posto è una miniera. Basta lasciarcisi andare, darsi tempo, stare seduti in una casa da tè ad osservare la gente che passa, mettersi in un angolo del mercato, andare a farsi i capelli e poi seguire il bandolo di una matassa che può cominciare con una parola, con un incontro, con l’amico di un amico di una persona che si è appena incontrata e il posto più scialbo, più insignificante della terra diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più il bisogno di andare altrove. La miniera è esattamente là dove si è: basta scavare. (Tiziano Terzani)

Non si parte per andare da nessuna parte senza aver prima di tutto sognato un posto. E viceversa, senza viaggiare prima o poi finiscono tutti i sogni, o si resta bloccati sempre nello stesso sogno. (Wim Wenders)

Quando viaggio sogno veramente molto. Forse questa è per me una delle ragioni principali per viaggiare. Ha qualcosa a che fare con strane stanze, rumori e odori inusuali, con le vibrazioni, col cibo, con le ansie legate al viaggio. (Paul Theraux)

La presunzione di onniscienza sorta con internet ha generato l’errata e arrogante convinzione secondo cui lo sforzo fisico del viaggio è diventato superfluo. (Paul Theroux)

Difficile diventare adulti se non si fa un viaggio da soli. È un modo per superare la paura dell’altro e anche di sé stessi, in cui ci si trova a fronteggiare la nostalgia, si arriva alla riscoperta delle radici. Finché non fai un viaggio da solo non impari a rapportarti con gli altri. (Paolo Rumiz)

Il mondo esiste ancora nella sua diversità. Ma questo ha poco a che vedere con il caleidoscopio illusorio del turismo. Forse uno dei nostri compiti più urgenti consiste nell’imparare di nuovo a viaggiare, eventualmente nelle nostre vicinanze, per imparare di nuovo a vedere. (Marc Augè)

Ma forse mancano i viaggi più straordinari. Sono quelli che non ho mai fatto, quelli che non potrò mai fare. Restano non scritti, o chiusi in un loro segreto alfabeto sotto le palpebre, la sera. Poi arriva il sonno, e si salpa. (Antonio Tabucchi)

I viaggi sono legati al superamento delle frontiere, ma che per frontiere si devono intendere anche le frontiere della mente. (Salman Rushdie)

Il bagaglio più pesante è una borsa vuota. (Proverbio)

Tra vent’anni sarai più deluso dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna. (Mark Twain)

Il cambiamento è l’unica cosa che rende la vita degna di essere vissuta. Non parcheggiare mai la tua vita a una scrivania. Quello che segue sono ulcere e problemi cardiaci. (Bruce Chatwin)

Accade durante i viaggi: un solo mese sembra più lungo di quattro mesi trascorsi a casa. (Schopenhauer)

Le città sono sempre state come le persone, esse mostrano le loro diverse personalità al viaggiatore. (Roman Payne)

La propria destinazione non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose. (Henry Miller)

La metà è partire. (Giuseppe Ungaretti)

Terminata la lettura delle definizioni trovate a me viene voglia di leggerle di nuovo ed aggiungerne altre.

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